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Anna Maria Colanera

Dolce Luna

Tra le persiane socchiuse di un vivere

nonostante l’assenza

al tuo sorriso tutto tondo

il subbuglio di un’anima si placa

al sicuro,

mentre il resto del mondo si nasconde

allo sguardo ombroso della notte.

Non ha più voci questo umano groviglio distratto,

né colori, né suoni,

il battito del cuore intona una melanconica melodia

e nelle pieghe del tempo profuma i ricordi la tua luce,

nei chiaroscuri della memoria

e di questo viaggio di giorni soli.

Nel tuo silenzio intrecciano parole i fili dell’insonnia

a mille a mille, per scarabocchiare illusioni

in un album in bianco e nero, che è la vita,

sono racconti di sogni e di speranze di uno spirito che riposa

come bisbigli di cose taciute, sgombre ora di orpelli.

Infinite volte oh dolce luna,

ispiri quest’anima in pena a riannodare le trame

a palpitare ancora

dello schiudersi dei fiori al canto dell’usignolo

e il cuore ad aprirsi ai bagliori di una nuova aurora

e mentre, stanca, il tuo viso s’addorme

resta l’illusione di averti sempre vicina.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Dolce luna” di Anna Maria Colanera

 

Il canto sensibile e profondo del verso della Colanera è la condizione umana e il suo sentire che si specchiano al volto lunare, donando dolci illusioni della verità. Riflessa luce è la parola che, come le “persiane socchiuse”, i “giorni soli” e i “bisbigli di cose taciute”, rimanda inarrestabilmente alla melanconia di un’origine negata, ma anche alimenta l’inestinguibile meraviglia e commozione del vivere e delle sue infinite rivelazioni nella sinestesia dell’immagine.

Tra Cielo e Cuore

Sosto in bilico sulla sponda del tempo

sul margine del destino che traccia la via

e lungo il cammino, agli incroci dell’esistenza,

incerti sentieri, ubriacati di impalpabile incenso

mi portano verso precipizi di incoscienza

dove s’affollano i pensieri,

dove ti vengo a cercare,

tra cielo e cuore,

dove fa più male.

Appendo quest’anima sgualcita

sulla soglia delle pareti spente del cuore

e nel silenzio che riecheggia alla malinconia

mani invisibili e mute bisbigliano smerlati ricordi

sui madidi fili della tristezza e del dolore.

Petalo dopo petalo

si ricompone il fiore semischiuso

e il riflesso di una muta carezza, lentamente

sullo sguardo stanco mi consola

al pensiero di ritrovarmi ancora ancorato alla vita

nelle notti del cammino che continua.

(In attesa di un altro domani.)

Critica in semiotica estetica della Poesia “Tra cielo e cuore” di Anna Maria Colanera

 

Il verso sensibile ed interiore della poesia della Colanera è luogo tattile del sentire, è intensità e al contempo carezza dello spazio di distanza alle cose: meravigliosa eco della continuità perduta della pelle di uomo e di mondo in un presente eterno dello strappo e dell’ineffabilità della verità, della dolorosa condanna alla malinconia, all’immemoriale unità all’altro, alla differenza,

che commuove ancora e sempre al desiderio, alla vita.

Dipinto

È quando sembra che il mondo

dissolvi le sue angustie

al fumoso tremulo

di una candela,

e delle sue certezze.

Quando sembra che

la luce sbiadita della sera

trascolori i fianchi sinuosi delle cose,

e sciolga la calura del giorno,

al balsamo argentino della notte.

Rimane del sole il sorriso

e un battito d’ali

sui lembi dorati di un tramonto,

appoggiato a quel sogno vissuto

sull’orizzonte del cuore.

Rimane del mare il canto

ad accarezzare i brividi

dell’ora nuda,

dove abita il silenzio,

e il bacio perduto.

Cullati di sale i versi

in parole e giorni

stretti dentro uno sguardo

che si infrange sugli scogli

e al cielo si confida.

Sussurri di immensità

respiro

insolita pace, attesa,

e lentamente muoio perdendomi

come il più piccolo granello di sabbia.

E sono niente.

E sono dea.

E in questo dipinto

fermo l’infinito.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Dipinto” di Anna Maria Colanera

 

La parola sospesa e chiaroscurale della Colanera accarezza la parvente sembianza dell’ente, riconoscendone il volto umano dell’essere, nel senso. La bachelardiana fiamma di una candela è umana luce nella notte, e fra coscienza e inconscio, coesistenza di essere e non essere, alimento e consunzione, fra domanda e certezza, chiama a vedere le cose nella meraviglia e nella bellezza del riconoscimento di sé nelle forme del mondo, a lenire la differenziazione alla natura. Il dipinto dello sguardo è frammento e memoria, parola densa di silenzio, volo librato e incantato fra il battere della vita e il levare della morte, trascorrente la sola pace dell’attesa, fra la vanificazione dell’annullamento e la pienezza della totalità.

mentre ti scrivo

Si muovono,

come di fiamme ignari

tornanti e riflessi tracciati a filo d'un palpito,

e secretati risuonano a voler d’inchiostro

tra due punti, i miei pensieri.

 

Dalle mani dischiuse

fraseggio il tuo sorriso

che d'un vermiglio ricamo

ha indossato il foglio bianco,

aspettando che il cielo lo guardi.

 

Riavvolgo i ricordi, a servire in rima le ordite parole e

sciolgo carezze fra le dita

nella strana lingua dell'amore

per scrivere d'aria e di vita

il tuo profumo sospeso sulle rive del mare.     

     

Sei tu che abiti il brivido della mia anima,  

ovunque, qui ed ora,

i miei sogni disseti, prima che la penna finisca il suo tratto,

prima che il sogno si svegli

col bacio del sole all'ultimo versetto.

 

Voglio incontrarti dove il tempo sa perdersi

fino a profumare di baci e di rose,

dove di primavera traccia il passo e l'averti accanto,

se in silenzio, sposto la virgola che ci separa.

 

Mi riconosco solo nei tuoi occhi che cerco

senza sapere come, né dove né quando

ci troveranno abbracciati ad un solo respiro,

senza sapere che questo è il mio modo di amarti,

mentre ti scrivo.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Mentre ti scrivo”di Anna Maria Colanera

 

 Delicatissimo e influente è l’incanto del verso della Colanera, che apre fra due punti lo spazio eterno dell’amore. La danza calligrafica, memoriale, sonora e figurale del rituale della scrittura poetica trattiene a sé l’oggetto, stretto dalle spire aeree e ineluttabili della sinestesia dei sensi, filo d’Arianna che reifica la presenza dell’assente. Il potere configurante del luogo transizionale della poesia è chiasmo della visione, ove soggetto e oggetto d’amore sono uno nell’altro e coincidendo al sentimento si ricreano, incessantemente riconoscendosi.

Un'altra primavera

Lascia che sia di mammole e di viole
questo risvegliar d’aprile diverso e sempre uguale,
mentre il pioppo arruffa le sue chiome
al refolo del marzo maldestro e incapace.

Lascia che il ciliegio ritrovi i suoi colori
e altri ne inventi il melo, bianchi e pomi,
fino a stordire i passeri e di passo i rondoni
lungo le rotte appese al filo del ricorrersi delle stagioni.

Rintocca il campanile controvento
annunciando all’ambiziosa rosa di fiorire ancora,
illudendo il senno e l’opulente magnolia
di abbigliare di nuovo il cielo dell’essenza profumosa.

Al volo le farfalle ad inseguire la vita
tra le spighe di grano e i fiori di campo
dove le lucertole fanno capolino, e uno zompo,
dove i papaveri scrivono del dolore il tempo.

Lascia che sia la sera a ritrovare il giaciglio
a queste giornate perse ancora da capire
e sperar nel caldo dell’estate
per rileggere, come prima, solo di rose e di lune nuove.

Lascia che sia il cuore a ritrovare dell’acquerello il sole
tra le fessure delle persiane, fino al domani,
prima che la primavera si dissolva all’orizzonte,
perché resti tutto, per non dimenticare.

 

Critica in semiotica estetica della Poesia “Un'altra primavera” di Anna Maria Colanera

 

Rimata e dondolante, la parola della Colanera invoca il rituale di rinascita primaverile, è la celebrazione vitalistica del grembo della natura, del luogo del tramonto e della palingenesi della coscienza. La disgregazione reintegra alla materia comune e all’indistinzione degli opposti, alla sintesi unitaria del molteplice, per la metamorfosi, per la ciclica rinascita crisalidea di una scelta cosciente del vivere. Il papavero sboccia dal sacrificio, è il nepente di redenzione, sintesi di rappresentazione e di verità. Alla rêverie delle palpebre socchiuse, del luogo transizionale dell’amore è la risposta armonica e universale, la risposta d’eternità.

Profondo

Pasce la sera
sui vessi rami dei miei respiri
dove affondo,
diverso e stesso ancora.
D’altro e stesso vivere
trova dimora
un’inquieta pace in versi,
abissi di cielo 
che la pelle respira.
Profumato giaciglio d’oblio,
sospiro e germoglio
di attimi ritrovati
tra le parole amanti
impigliati, tremano desio.
Volo l’attimo fragile
sulle punte di un sorriso,
echeggio di ombre scolpite,
dispiego pensieri al mare.
Nel vorticoso silenzio
piove il ricordo
livido, riverso nel petto,
di carta, mai muto.
Solca la notte ferma
l’assetato bacio del ritorno
muto di me, dell’esistere
questo mio, specchio,
perché nei tuoi occhi
il cielo non muoia.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Profondo” di Anna Maria Colanera

 

Profondante e omaggiante, la parola della Colanera è rituale abbraccio degli opposti, a cercare l’ipseità della medesimezza nel sempre nuovo racconto di sé alla natura, che nasce dall’originaria indistinzione. La poetessa cerca l’azione transitiva del verbo intransitivo, che abbraccia il soggetto all’oggetto, a riaprire in sinestesia al grido fremente del sentimento, per cantare salva, irriflessa, eterea, di una bellezza altra, di una bellezza eterna.

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