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Anna Maria Gargiulo

IL VIAGGIO DELL’ANIMA

Forse son morta forse son morta

 

È che non sento più il dolore

che dall’aria giungeva in pulviscolo

al diaframma del cuore e soffrivo.

Forse son morta, ho pensato

 

Forse son morta forse son morta

 

come in sogno, senza sgomento

tanto è forte l’odore di terra

di foglia caduta nel macero.

Resiste la fibra, più forte di prima

 

Forse son morta forse son morta

 

trasmuta la luce di seta del giorno,

ora è scorza legnosa sporca di

terra e cammina, cammina

nell’oscuro sentiero scavando

 

Forse son morta forse son morta

 

continua il viaggio segreto dell’anima

ora che scavo la terra senza fatica

ora che son fatta radice.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Il viaggio dell'anima” di Anna Maria Gargiulo

 

Simbolico, rituale e sapienziale il verso ritornante della Gargiulo è processo apotropaico che esorcizza

la morte e viaggio alchemico, di coappartenenza dell’uomo alla natura, da un descensus ad inferos,

al grembo della terra e alla mortificazione della nigredo, che reintegra il dolore della differenziazione e della finitudine della coscienza allo stato inconscio e indifferenziato dell’abbraccio ontico alla materia madre. È un cammino individuativo che integra inconscio e coscienza, per una nuova alba di vita.

Qui non ronzano le api

                        Qui non ronzano le api.                         

Mi ci trovo piantata a forma di croce.

Non io scelsi il posto - valle di lacrime -

 

senza un filo di vento, così arido

che nuoce anche alla speranza.

Se dovessi rinascere, almeno

 

piantatemi nel giardino di fronte.

Su rami spinosi che dormono

tutto l’anno, a maggio spuntano le rose.

 

Il profumo fa più dolce l’aria e le api

che nel miele serbano il ricordo.

Le rose non soffrono al tempo breve

 

sfioriscono leggere al dono della vita

senza voce di lamento trasmutano 

in petali caduti e nulla sanno del morire.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Qui non ronzano le api” di Anna Maria Gargiulo

 

La parola simbolica della Gargiulo assapora con saggezza la differenza etologica dell’umana consapevolezza della morte e dell’imperturbabile continuo sussistere eternamente accadente del vivere naturale della rosa. L’apis mellifera è il movimento della metafora, è istanza etica e messa in opera della verità: è paradigma della morte e dell’eterna rinascita della natura, luogo che congiunge e assembra, grembo della perpetuazione che supera le cose, nelle azioni e relazioni. L’uomo che rinuncia alla relazione all’altro è uomo che non supera la morte: la morte è il luogo in cui si appartiene agli altri, nella memoria.

Oltre

Invisibile è la rotta che intravedo.

Si frange a riva l’onda che scompare.

 

Scusate l’ozio e la parola, il silenzio

è il mio destino, sangue che fluisce

nelle vene. È mistero d’uva

 

che fermenta per la festa, la luce

che a bagliori ammicca nella nebbia

sagomando la mia ombra sulla sabbia.

 

Non ha parole la nera croce issata

sulla sommità del monte, oscilla lieve

nel sibilo del vento. Imperversa la bufera.

 

E io domando: è qui la casa? - Oltre, ove

l’Onnipotente si disvela - fioca giunge a

me una voce che dal gelo prende fiato.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Oltre” di Anna Maria Gargiulo

 

Simbolica e filosofica, la parola della Gargiulo figura, cieco pur volto alla destinazione, l’umano in frangente a vanire. Il cuore fremente è nella festa, alla rottura della norma sociale, alla perdita nell’eros del principio individuationis, per la partecipazione alla comunità della vita, in un’estasi volta alla sublimazione conoscitiva. L’uomo è così in esilio da se stesso, soffio in divenire, per aver luogo alla casa di un altrove, che è al di là e dopo: è movimento sacrificale, pegno segnico per l’oggetto di vita eterna.

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