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Chiara Conti

Autunno

L’ostilità della malinconia

precede il replicato cambiamento

e la natura tenta in agonia,

di riproporre il suo travestimento.

L’ultimo sole abbraccia

il respiro distratto dall’inganno

che con il vento schiaccia

un tappeto di foglie accartocciate.

Ascolterò in silenzio e senza affanno

la causa perorata dall’estate.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Autunno” di Chiara Conti

 

Eco innamorata e danzante i movimenti rimati dell’antica metrica di canzone medievale, la parola della Conti partecipa, abita la metamorfosi del sentimento che percorre la ciclicità delle stagioni nella dialettica delle componenti di familiarità ospitale ed estraneità ostile, infino a trovare una sintesi di compresenza, una continuità atemporale delle voci in canto, che ascolta e concepisce estate nel grembo dell’autunno, a vincere la malinconia di una lontananza in una presente assenza.

Città eterna

Scivola eterna tra i muri di città,

la tua bellezza che nascondi al mondo,

resta una traccia chiara sullo sfondo

di un legame, stretto per affinità.

Resti da sola al centro della scena,

fuggendo appari, svanendo ritorni,

di là dal lato oscuro della luce,

il fascino riemerge dai contorni.

Appari e la visione rasserena

l’umore che all’indietro riproduce

l’incanto e la ragione riconduce

al solo limite da superare.

Il tentativo di dimenticare

rinnega il senso della fatalità.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Città eterna” di Chiara Conti

 

Il battito metrico e musicale della parola della Conti è rituale che lega, indissolubilmente e con un vincolo di familiarità, al luogo d’origine, che da confinante si fa conforme, si fa corpo consustanziale di una coappartenenza, di una coabitazione, di una stessa intima armonia inconscia, che richiama grembale e che nega il distacco della coscienza dell’uomo, nunzio e vate di quella stessa voce fatale.

Modalità emotiva

Triste memoria che abita l’assenza
negli occhi maltrattati dal mattino,
nei coni d’ombra svicola vicino
alle nuvole e muta l’apparenza.
Così ogni moto della sofferenza
rivive, mentre gioca a nascondino.

Finte parole spente in un istante
trasformano le aspettative in sdegno,
soffocato con proverbiale impegno,
per effetto di un gesto disarmante.
E nel sorriso incerto di un istante
cancellerò della ferita il segno.

 

Critica in semiotica estetica della Poesia “Modalità emotiva” di Chiara Conti

 

In metrica musicale, la parola della Conti rappresenta una fenomenologia dell’anima, una danza analogica di proiezioni e di apparenze fenomeniche, a rinviare oltre il velo di Maya nemboso il sole diretto di verità. È inquieto il sintomo, che migra per ineffabilità di un dolore, al segno rituale che ripete, apotropaico, un’assenza a paradigma d’esistenza. L’emozione essente, grezza e precategoriale, panica e irriflessa, solo trova catarsi alla corrispondenza, all’introiezione, alla reintegrazione di fuggevoli paesaggi emotivi.

Stanza del tempo

Vita in attesa, vagherò nel mondo,
moto perenne di giorni futuri.
Cedo al presente e spesso mi nascondo,
senza innalzare vele da naufragio.
Nel deserto di polvere maturi,
incerti e lenti, i segni di un presagio.
Se l’afono ruggito della vita
smorza il grido di un’anima smarrita,
il silenzio raccolto ora mi impone,
di perdermi nell’eco del tuo nome.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Stanza del tempo” di Chiara Conti

 

In musica, la parola della Conti è stanza, è la strofa di un canto, una misura, uno spazio, un’eco fratta di tempo, una dimora ritmica rituale in movimento di desiderio, che è segno e presagio dell’oggetto d’amore, di silenzio, di senso, di pienezza, di verità, d’essere, d’eternità.

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