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Mihail Banciu

Vedovo transfrontaliero

Rimasto solo, l’airone

si sveglia ogni mattina,

passa il confine del grande fiume

verso lo Stagno della Sposa.

 

All’equinozio l’autunno si avvolge

sulle arcate delle tempie, la luce scema

nei lambicchi, correnti di fondo

smuovono il freddo nelle ossa. 

 

Il cielo è sempre più rosso ai bordi,

il lago si para in violetto,

stremati, i ciechi spalaci

abbaiano nel pensiero.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Vedovo transfrontaliero” di Mihail Banciu

 

Simbolica, la parola del Banciu figura la condizione umana nel lutto di una perdita e nel transito amante e valicante di una finitudine. Il volo spirituale dell’airone è il respiro aereo della solitudine della coscienza, che anela al ricongiungimento sponsale allo stagno, al bacino acqueo inconscio, al grembo della nigredo, poiché solo il tramonto della coscienza, che getta in pasto il pensiero ad anonimi e ciechi morsi della pulsione, dona l’alba di una rinascita di verità.

Corto circuito

Una volta passata la Metà i sogni invecchiano velocemente,

l’ombra si stende come erpete, raffreddamento globale dei sentimenti,

lo stupore poetico incomincia a defluire attraverso crepe

e sillabi underground.

 

Sono stato a invecchiare a Sibiu,

rovesciato sullo schienale della Vita

ascoltatando musica psichedelica,

gettando dalla finestra pelle ed ossa,

confessando ciò che non avevo (ancora?) commesso.

 

Un sottile crepuscolo scende ormai su

nude spalle, nel petto vibrano, abbandonati,

gli alisei puri dell’infanzia.

 

Trascrivi, ricopii con zelo,

sull’anima di vent’anni,

in contratempo, in contre jour, di fretta

(sulla lavagna bianca sangue rappreso nero).

 

Ti sei perso nel mucchio, invisibile ormai,

al di sopra si vede, a galla,

solo il periscopio di parole.

 

Gli araldi, i sacerdoti, i vates

parlano in metafore pop,

il meriggio è passato, gli anni come squami

calligrafati sul corpo.

Orsù, finché scende la nebbia,

gioiamo,

centelliniamo l’amore ticche-tacche ticche-tacche,

fino all’ultima pungitura di lancia.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Corto circuito” di Mihail Banciu

 

La parola disillusa del Banciu è ricondotta alla discesa iniziatica al chasma di Ecate, perché il poeta trovi la pulsione libera, perda il principio individuationis e partecipi al rituale di un vissuto anonimo e plurale nel continuum all’alterità. L’iniziazione alla nuova verità del sapere è la vita diretta e irriflessa dell’estasi dell’indistinzione. La conoscenza nasce dalla trasformazione dell’eros in filosofia, per trasvalutazione della morte in un nuovo tempo proprio. È la rigenerazione identitaria dall’eros, dall’essenza intima, vitale, fremente.

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