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GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Alberto Lotti
Il viaggio
Arranco tra crinali della ragione,
spine di siepi nell'anima infisse,
tra moribonde lune,
mendico, vagando sulle mie paure,
eremita d'un incrocio che non trovo.
Un vento ondeggia prati,
rammentando, nell'istante,
quel mare che ho smarrito,
quel lenzuolo d'azzurro
che pendeva sul cortile,
quella porta d'infinito
sperduta nella corsa delle ore,
che il silenzio dipanava senza eco.
Si è seccata la voce di sorgente,
mentre una fiumana ruzzola i pensieri
che avanzano il battito del cuore,
si spezzano, affogano, cozzano,
con un dolore senza gemito
in un viaggio che non vorrebbe aver fine.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Il viaggio” di Alberto Lotti
Commossa e nostalgica, la parola del Lotti è tensione itinerante, impavido coraggio, che sfida i luoghi dell’inconscio e della coscienza, tentando l’impossibile superamento del dualismo e della finitudine dell’umano, costitutivamente “mendico”, a menda esposta, ad elemosinare ai sensi e alla forza transitiva del verbo poetico l’equorea memoria grembale e archetipica della pienezza perduta, che lega il soggetto all’oggetto e che precede il tempo, che non emenda tuttavia l’errore, che non ammenda dall’umana colpa diveniente del pensiero a morire.
Spiaggia e tramonto
Sulla riva spoglia,
il Maestrale sfilaccia
anche l'ultimo ombrellone.
Ha smarrito, l'aquilone,
il filo di matassa
già, dal destino, dispiegata.
S'appiglia e impiglia
a nudi tronchi,
colonne d'altri tempi,
per metà sepolti dalle sabbie.
Giace l'ombra mia,
confusa con quella del tramonto,
avvolta da sentori arcani,
presagio d'altra sponda,
in cui sono forestiero.
Nell'osteria, laggiù, sul molo
è crollata, dei sogni, la lanterna,
mentre un faro senza tempo,
tra orizzonte e mare, appeso,
lampeggia la sua nebbia.
Questuo, tra gli angoli della notte,
una stella fissa e viva.
Come canuto bimbo,
credo ch'ogni cosa,
sia solo per me nata.
Nel petto sempre tocco,
il formicolio della Sorgente,
che volevo a tutti sconosciuta,
ove ogni mio coniglio o lupo
ancora si disseta ed accovaccia.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Spiaggia e tramonto” di Alberto Lotti
Iconicamente viva in presenza, la parola del Lotti rappresenta la dialettica fra libertà e necessità destinante, quale fatale Moira filatrice di vita e fissatrice di sorte, nella consapevolezza dell’ineluttabilità della dimensione altra dell’ombra, della notte, della morte. La curvatura del tempo riconduce la destinazione alla provenienza e più non scorre lineare ed orientante ad inseguire il desiderio. L’avversione del destino è vincibile dal poeta a mezzo di una espiazione purificatrice, di una catarsi dell’emozione, oltre la dicotomia di bene e male, che sublimi nella suprema conoscenza, che ogni alterità reintegra all’unità.