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presenta
Ionel Cuculiuc
9 luglio 2022 ore 19,00
Corso della Repubblica,50 Canale Monterano di Roma

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La Galleria Accademica presenta l’arte in perifrastica attiva di Ionel Cuculiuc

Il participio futuro di una rinascita

L’Accademia Internazionale di Significazione Poesia e Arte Contemporanea, in convenzione formativa con l’Università degli Studi di Roma Tre, accreditata dalla Regione Lazio, iscritta all’albo di Roma Capitale e del Comune di Canale Monterano, presidente fondatrice la prof.ssa Fulvia Minetti, vicepresidente il dott. Renato Rocchi, direttore artistico Antonino Bumbica, inaugura la mostra di Ionel Cuculiuc alla Galleria Accademica d’Arte Contemporanea della Città d’Arte Canale Monterano di Roma in Corso della Repubblica n.50 il 9 luglio 2022 alle ore 19.00, aperta al pubblico fino al 23 luglio 2022 ore 10,30-12,30 con ingresso gratuito.

 

“La mia pittura è l'espressione di una realtà nascosta, che si vede e si vive con l'anima”. (Ionel Cuculic)

Ionel Cuculiuc è nato in Romania nel 1954 e vive a Sansepolcro in provincia di Arezzo. Ha conseguito la Laurea in Pittura presso l’Università Nazionale d'Arte di Bucarest e ha insegnato pittura presso il Collegio di Belle Arti "G. Apostu" di Bacau. Arrivato in Italia nel 1994 ha continuato l’attività artistica per alcuni anni, fino ad un periodo di stasi legato a vissuti di dolore: un periodo di profonda elaborazione interiore, di trasformazione, di rinascita a un nuovo senso della vita e del mondo. Ha esposto in Romania, in Italia, Francia, Spagna, Germania, Belgio, Ungheria, Stati Uniti. Le opere sono state più volte recensite e pubblicate su cataloghi e annuari d’arte. Ha ricevuto il Riconoscimento al Merito dell’Accademia Internazionale di Significazione Poesia e Arte Contemporanea, con esposizione in mostra a Roma e pubblicazione permanente dell’opera con critica in semiotica estetica nella Mostra Accademica dell’Arte Contemporanea online.

 

La meditazione cromatica del Cuculiuc è iter psicoemotivo di autoterapia conoscitiva. È il descensus rituale ai luoghi interiori di latenza dell’inconscio personale e collettivo, per la reintegrazione umbratile all’indifferenziazione. La morte disgregante della materia è volta alla rinascita nel connubio degli opposti, alla luce solare e sapienziale. La cauda pavonis è la ruota iridata della sapienza dello sguardo, che ricompone il dolore della frammentazione, della separazione e della perdita, nella pienezza dell’unità armonica del cosmo.

 

L’unione sponsale elementare d’acqua e di fuoco delle onde cromatiche del Cuculiuc riconduce alle memorie inconsce della nostra provenienza prenatale dal grembo materno, ove l’essere in fieri vive in proiezione psicoaffettiva di sé nell’ambiente circondario. Primariamente non si ha esperienza dell’altro da sé, non si possiede una dimensione oggettuale, che restituisca la definizione entro i confini psicofisici. La prima realtà è la percezione di un sé infinito: una soggettività estesa, totale. La prima rappresentazione è in macchie chiaroscurali di propriocezione epidermica di onde amniotiche disposte sul piano psichico in una sintesi onirica bidimensionale. Se la dimensione antitetica del mondo è assente, la sintesi di ogni esperienza equivale alla tesi stessa. La dimensione ontica si raccoglie proprio in questa prima dimensione psicofisica di infinità. L’essere non è una meta culturale, è invece una possibilità attualizzabile da un’unità psicofisica nelle sue inalienabili facoltà mnemoniche e percettive. L’essere è possibile in relazione ad un essere stati comune: l’esperienza prenatale nel grembo materno e l’essere è una dimensione di tutti, al di là delle soggettività, delle diversità, delle culture.

 

La nascita è riorganizzazione dell’io di fronte alla constatazione oggettuale dell’altro da sé, l’uomo diviene così il luogo di una mancanza, è desiderio, è un tendere inappagabile che segue la memoria inconscia di ciò che pienamente si era, che non si è più. Se il principio di realtà è trauma di vita e il mondo si rivela quale momento dialettico negativo della volontà essente di realizzazione dell’uomo, quando il mondo arriva troppo duro, freddo, impenetrabile e muto, l’arte può costruire creativamente il proprio modo di rinascere al senso.

 

L’artista allora guarda il mondo attraverso il lambente arabesco di carezze dimenticate, che risvegliano sulla pelle il possibile aperto della materia espansa di sé al grembo del mondo. La dimensione archetipica è una risorsa profonda di accomodamento alla vita. La chiave della memoria immemoriale edenica è la sinestesia: la facoltà involontaria e inalienabile dell’uomo di associazione di tutti i sensi insieme, anche solo dalla stimolazione della vista. E la sinestesia è il volo che annulla la distanza fra le cose e che ritrova ogni perduto nell’armonia essente dell’uomo alla natura. È questo il processo che tende alla reificazione della tesi del viaggio: l’infinitizzazione del sé. Il tempo rallenta fino a rifluire le asfittiche solidità rapprese del dolore nella melodia amniotica che scioglie. La sinestesia è l’eccesso, è l’artista che supera di sé: è l’uomo che abita il mondo. Allora il Cuculiuc diviene fanciullo di se stesso, per un nuovo inizio di sé. L’azione è ripetizione rituale infinita e creazione in supplenza all’assente, è eco di una domanda in attesa della prima voce di risposta nel silenzio. Il gesto concentrico volto alla catarsi di una rinascita è sempre lo stesso eppure sempre nuovo, nell’ascolto sulla pelle delle sorprese di metamorfosi degli avventi cromatici, divenire minimale in equilibrio baciato con le tensioni e distensioni emotive e toniche di un sé-mondo.

 

Il gesto è anticipazione, è il presentire immaginato del prossimo futuro. Il Cuculiuc è homo faber del proprio cosmo, l’uomo della perifrastica attiva “futurus sum”: l’artista che torna indietro per rinascere. L’insaziabile ascolto dell’ignea liquidità della materia cromatica è reintegrazione della negazione e promessa di piacere: è il dilatarsi dell’attesa immancabilmente premiata. L’artista muove infiniti principi nella carezza inarrestabile dell’albore: è sempre inizio, è scoperta, è sorpresa. È una casa sempre nuova, eppure sempre così propria, un nuovo nucleo di sé attorno cui costruirsi e anello che sposa un nuovo seme. Ogni nuova vibrazione è incontro, connubio di opposti, rivelazione, ricordo inconscio e riaccordo di sé nella corrispondenza al mondo. È l’amore di un abbraccio che sarà sempre il primo. L’impossibilità allora cede sotto la melodia concentrica e incantatoria dell’infinità dei possibili: è l’ancora e ancora, che fugge la deprivazione, nell’inizio senza fine. Ogni messaggio dell’artista è un emotivo, tonico, fonico intendersi fra esseri umani, radice di un linguaggio universale sempre possibile.  È la sincronia, la sintonia, la sinfonia dell’ambiente primario, del cromo e morfoalfabeto dell’essenza umana, al di là delle soggettività, delle diversità, delle culture, comprensibile in virtù di una estetica psicofisiologica comune, che dona senso e una nuova possibilità di rinascere al mondo.

 

Presidente Fondatrice

Prof.ssa Fulvia Minetti

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