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Alberto Mesiano

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Magia” di Alberto Mesiano

 

La famiglia del Mesiano è nucleo primario insolvibile. L’identità del singolo è aperta

e superata nell’abbraccio rifondante dell’identità collettiva. L’alterità diviene il luogo di contenimento

e di rispecchiamento di sé, d’identificazione proiettiva. Il soggetto esiste solo rispecchiato, nella misura di desiderio dell’altro, ogni soggetto è oggetto relazionale, un rapporto di sé-duzione, in riconoscimento mutuale, vive del luogo dell’altro. La finitudine, oltre ogni lacerazione, è vinta e qualora anche vi fosse una perdita, questa avrebbe il valore di una trasformazione, poiché la sinestesia dei sensi è l’acqua vitale, la linfa che presentifica ogni assenza, che interiorizza la qualità perduta, e ritrovata propria,

nella magia, che parla la lingua della pelle.

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Pourquoi” di Alberto Mesiano

 

La tela è appendice stessa dell’estensione dell’essere, al Mesiano è pelle: porta inscritti i segni del dolore, naturale e umano. Il monito è l’identità che si arma contro se stessa: estroietta la differenza a conferma della medesimezza pregiudiziale e non ne coglie impotente, invece, l’occasione del divenire della sua verità. L’uomo non è che una fragile domanda d’amore all’artista: vive il sé del solo altrove di una risposta d’altri.

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Verso il granaio” di Alberto Mesiano

 

L’uomo cosmico e naturale del Mesiano, impastato dei quattro elementi del mondo, è volontà.

La volontà dell’uomo è maieutica: è il dar luce alla forma della differenza dalla ferita dell’identità. L’identità, madre di se stessa, vuole il suo tramonto, lo scioglimento dei segni e dei significati adusi, necrotici, di prigionia nell’abitudine al pregiudizio. L’identità accoglie alla vita, prima della sovrastruttura culturale, nella dimensione di universalità, nei precategoriali e gestanti partecipazione e stupore, la sua differenza. Come il singolo chicco di grano muore nella terra, per dalla terra rinascere nella pluralità della spiga, così l’identità muore nella terra dell’arte, per dall’arte rinascere nella calla floreale, simbolo di bellezza: la bellezza dell’oltre dell’identità, nella differenza.

Il cibo per la vita che il Mesiano offre è la bellezza, la dostoevskijana bellezza che salverà il mondo, nelle figure del ricoeuriano riconoscimento mutuale e della riconoscenza.

Alberto Mesiano, Donna.jpg

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Donna” di Alberto Mesiano

La figurazione lignea del Mesiano è monito alla degenerata visione culturale e sociale di omologazione dell’identità al mero ruolo di maschera. La tendenza identitaria schizoparanoide antecede il giudizio

di attribuzione al giudizio di esistenza, così l’uomo vive la differenza della donna, non nella sua continuità di soggetto, ma come oggetto, diviso fra seno buono e seno cattivo.

Su questo schermo di maschera è rivolta l’aggressività della pulsione, che insegue il bisogno narcisistico di piacere e la sua immediata soddisfazione, in atti irrapresentabili alla coscienza.

 

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