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Alessandra Pennetta

La cena

Lei ha fame e

la bocca spalancata

Cammina su di lui

che non protesta

Lui le ha preparato la cena

 

Lei ha una finestra scura

senza tende

Lui ha

un candeliere, il fuoco dentro e

un'adorazione per lei

Critica in semiotica estetica della Poesia “La cena” di Alessandra Pennetta

 

Dionisiaca, la parola della Pennetta coglie l’istinto della vita fremente, è una discesa iniziatica al chasma di Ecate, chiave della vita e della morte, a perdere il principio individuationis per la partecipazione a un vissuto anonimo e plurale, che chiede il continuum all’alterità. Il rito che inizia al sapere è la vita diretta e irriflessa dell’estasi dell’indistinzione, matrice vitale a fondamento della rinascita dell’identità. La conoscenza nasce dalla trasformazione dell’eros in filosofia, per trasvalutazione di quella esondazione di morte, di quella deificazione della mancanza alla pienezza della totalità, che è il fine del coito.

Il vino dell'alleanza

Già ti vedo affacciata alla finestra con una corona di uva rossa in testa
Appoggiata sul davanzale sei un vaso moro con i fianchi larghi
e il collo lungo e stretto, un manufatto erotico di forma femminile
un'insegna di prosperità a guardia del tuo regno
Ti sei messa in testa di essere la regina della tua vigna
dunque scambiamoci un segno di pace
prendo il tuo vino fatto in casa e ti offro la mia alleanza

Critica in semiotica estetica della Poesia “Il vino dell'alleanza” di Alessandra Pennetta

 

Fra luogo sacro e profano, la parola seducente della Pennetta è festa irriverente e al contempo promessa di alleanza, quale rituale di sacrificio e di resurrezione della conoscenza. Il vino è sangue nel segno di morte della norma e del confine corporeo e identitario, che volge nell’acqua eterna della sublimazione dello spirito. L’atto estremo di dedizione dell’uomo si trasmuta e suggella in eternazione, poiché vince la morte ad abitare un superiore senso divino.

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