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GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Alessandra Scarano
Caput mundi
Seni gonfi d’acqua santa e mongolfiere
gravide di sole, le tue cupole di marmo
morbidissimo e annerito dal respiro delle auto
dalla tosse dei passanti e da una sigaretta spenta
in un caffè
Le stole candide di luce svolazzavano nel vento, e scelsi
un cardinale da mangiare a colazione, panna e crema
da spalmare su lesene e archi barocchi
una croce disegnata sulla cialda, il martirio del sapore
al Colosseo, gremito di turisti urlanti e bianco
come una torta nuziale
E pioveva, pioveva sulle teste, sulle lapidi incise
in un latino gigantesco e onnipresente
Caratteri taglienti come paragrafi di Tacito, frasi
senza verbi e sostantivi, ed ogni vicoletto
un aggettivo da tradurre col vocabolario della vista
e del ricordo degli studi liceali, ero adolescente
e molto ingenua e un fiore rosso a Giordano Bruno
o Cesare donava mille anni
alla mia vita, e camminavo fiera come un pino
dalla chioma sempreverde anche a gennaio
cullato dall'atmosfera tiepida e ondeggiante nei riflessi
del Ninfeo, rosa e azzurri erano i muri intonacati
ai Fori, e gambe nude di giovani danzanti sui prati della storia
la testa che girava nel culmine dei flauti
risonanti, della mia ignoranza
E poi il rumore delle ruote, ma non erano più
carri da parata e gli uomini nascosti nei cappotti
non erano più aruspici né duci dai mantelli rosso porpora, né santi
Ed io tra le colonne, troppo grandi ed io sottile
come un filo, e dei miei capelli rossi feci
un nastro con cui avvolgere il cammino, un nodo piccolissimo
a ogni chiesa, a ogni tessera musiva, ad ogni coccio
Un pentagramma d'epoche in un giorno, e le mie scarpe
nere e troppo estive puntellavano di note i lunghi righi
che si sciolsero in pozzanghere, la sera
Critica in semiotica estetica della Poesia “Caput mundi” di Alessandra Scarano
Tutta d’un fiato la poesia della Scarano, a voler incantare, tenere stretti dentro tutti gli aspetti, i luoghi e i tempi della capitale, legati insieme dal filo dei sensi in sinestesia, che sposano immagini, anche lontanissime, a cercare nell’abbraccio e nell’intensità l’essenza unica, che fonde città e umanità, il nodo profondo del sentire, continuum che la poetessa trova in supporto di ogni immagine e scrittura: un’architettura di note, una musica.
La madreperla
La madreperla
Io immobile sul baratro ti chiesi:
«È forse questa l’alfa prima, il suono informe
delle onde nell’aurora?» e mi gettai nel mare,
per confondere le lacrime col sogno.
Feci a pezzi il corpo sugli scogli,
cento volte si scarnificò il pensiero
prima di penetrare il ventre oscuro dell’abisso
fino al fondo, farmi lettera e poi frase,
descrivendo la mia essenza in forma d’alga,
poi di una distesa immobile, sommersa di chiarore.
Illuminate dal riflesso d’un sole ormai lontano,
troppo umano e comprensibile,
giacevano conchiglie dalle varie sfumature,
ognuna a rendere un concetto non espresso,
ancora in nuce tra le pieghe colorate.
Trasalii al ricordo vago - come vaga era la luce
ultramarina - di quel giorno in cui m’accorsi
di capire senza avere ancora voce,
di vederti mentre tu passavi accanto
e non saperti dire di restare.
Mi rimasero soltanto le colonne,
la cui ombra mi faceva sentir salva,
spesse e alte fino al cielo dove non giungevo ancora,
a sussurrarmi per troppe primavere, nell’arsura dell’estate,
di non perderti nel tempo che passava
ma di mantenerti vivo, dentro l’acqua
stesa ai piedi di quel tempio.
Ché in un’alba inaspettata
si sarebbe disvelato quel fondale, coi tuoi occhi,
in una madreperla a forma di spirale.
Critica in semiotica estetica della Poesia “La madreperla” di Alessandra Scarano
La parola narrante della Scarano, luogo del desiderio, mai pago, della nuda verità,
si spinge oltre se stessa, nella domanda, nell’alterità, oltre il cinto venereo del significante, all’oscuro chasma di Ecate, al grembo della dea della morte: in una discesa iniziatica, destino di dipartita e di rinascita. Mentre la parola infrange l’eterno, il suono muto del silenzio e del congiungimento degli opposti è presenza instante dell’evento unico e indeclinabile, piacere ineffabile, a trasalire, a trovare il corpo del mondo, l’evento, il supporto del transito dei significati, il senso inafferrabile, eppur ritrovato nella meraviglia dell’altro, nel chiasmo dello sguardo, nel dono, nel riconoscimento, nel movimento roteante: gioco eterno della vita.