top of page

Alessandro Direnzo

Echi distanti

Abbraccio la notte, bacio le tenebre.
Sul fondo dell’anima cerco sprazzi di luce
Dove coltivare nuove speranze. 
Echi distanti, resti d’istanti.
Su vesti strappate si trascina il cuore
Ammaliato da fragili incastri memori di fasti passati.
Nel silenzioso frastuono torno a specchiarmi malinconico.
Sono un anziano signore che ha perso l’amore.
Non è più tempo di sprecare parole.
Corrono pensieri scalzi su un alito di vento che mi accarezza l’anima.
Sulla schiena ricurva il peso dei ricordi che si posa su intrecci di fragile seta. 
Strascichi di vita portati via da uno stuolo di rondini.
Non ricordo volti, ma ricordo il sole 
Che spargeva luce su ogni angolo di cielo.
Ricordo i miei occhi, dove viveva l’amore.
Ricordi di vita, scivolati tra le pieghe del tempo.

 

​

Critica in semiotica estetica della Poesia “Echi distanti” di Alessandro Direnzo

 

La parola malinconica del Direnzo cerca negli echi restanti la luce diretta di un tempo, riflessi secondi per la presentificazione sinestesica di un’origine prima perduta. È Narciso il poeta diviso da se stesso, a chiedersi ad Eco, alle forme della natura, allo specchio che rifletta l’immagine dimentica. Allora la presenza dimora nella distanza costitutiva, a sperare la sintesi che solo può il senso.

bottom of page