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Alessandro Russo

Solo per i nostri occhi

A pennellate larghe
come passi di un tango 
spargi il respiro della radura
dentro il bosco del dubbio.
Svezzi tutti gli slanci
che mi imprimi sul petto
dopo averli concepiti
pronunciando il mio nome,
senza chiederti
da dove veniamo
e in quale vuoto
finirà il nostro salto.
Parli come sapessi da sempre
le confidenze
in cui la vita si spoglia
per farci cadere da umani,
e senza svelare la rotta,
provi a confondere
le spire che il tempo
stringe
per poterci imbracare.

​

Basta guardarti
per sapere che darsi
è l’unico dono
che non toglie ricchezza. 

 

Critica in semiotica estetica della Poesia “Solo per i nostri occhi” di Alessandro Russo

​

La parola amante del Russo disvela il senso che dona l’amare e l’essere amati, che riscrive ogni cosa agli occhi, che rinomina di sé e risignifica la prospettiva del mondo, tale da superare la dimensione umana nel tempo eterno della poiesis divina. L’amore è l’unico dono che accresce la finitudine, all’infinità coessenziale dell’essersi.

L'illusione del sempre

Come una goccia

che non accetta

di scivolare dentro l’imbuto,

ti affanni a sospendere

la ferita ereditata,

quella che a un certo punto

ti ha dato coscienza

di comunione con ciò che finisce.

 

Forse per questo

racconteresti l’azzurro del cielo

in una boccata di fumo,

quando non sai sopportare

l’arcobaleno di eterno

che l’amore

riesce a impennare.

Critica in semiotica estetica della Poesia “L'illusione del sempre” di Alessandro Russo

​

La parola ironica del Russo riflette sulla costitutiva e inalienabile ferita della coscienza e sulla finitudine umana, che guarda il cielo senza poterlo vedere e che non comprende ma che è compresa dall’infinità dell’amore, quand’anche questa sia meramente razionalizzabile nell’illusione a vanire.

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