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Alfredo Sconza

Tra sentieri d'autunno romani
(Bellezza)

Tra sentieri d’autunno romani

Con luce purpurea i contorni

Di case vicine, di mondi lontani,

Dell’anima smorta, tu adorni

 

In cieli di sogni più vani

Danzan leggeri stormi di storni

Ed io che attendo, tendo le mani

Sperando il mio volo ritorni

 

Come gli alati amici nel vento

Io pure percorro la via già tracciata,

Ma col cuor sulla terra in vero lo sento

Che questa mia rotta è quella sbagliata

 

Quale è il mio posto? Quale distanza

Io spirito inquieto ho da seguire,

Se qui sulla terra non val la mia danza

Di nuvole e sogni, al fioco imbrunire?

 

Per quest’ io rimango col volto rivolto

Sempre a quei cieli che non posso sfiorare,

Ché fredda, la terra, le ali mi ha tolto...

Ma ancora con l’occhi riesco a volare.

 

Tra sentieri d’autunno romani

Con luce purpurea i contorni

Di case vicine, di mondi lontani,

Dell’anima smorta, tu adorni…

…Bellezza.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Tra sentieri d’autunno romani” di Alfredo Sconza

 

La parola in canto dello Sconza è inno alla luce purpurea dell’autunno romano, quale bellezza spoglia e quintessenza delle quartine. È una bellezza di solitudine e di senso, perché cade il significante e la rappresentazione approssima alla volontà di verità. L’autunno è un tempo letteralmente ricco di realizzazione, a vincere la morte nell’abbraccio al grembo di perpetuazione naturale. La materia di foglie caduche sublima nel soffio animistico, al ritorno all’essere, che reintegra ogni volo di desiderio.

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