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GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Andrea Polini
Qui sarò
Un arpeggio di vento tra le spighe
accarezza un manto di papaveri
e sublima in un raggio di sole.
Qui sarò,
ombra di un profumo e ali di libellula
a camminare per mano
con la tenerezza dei ricordi.
Qui sarò,
lieve sulla terra amata,
nella polpa del frutto che mi nutrì,
in gocce di sudore, in una lacrima
cadute su una zolla più arida.
Qui sarò,
nel lenteggiare di onde assonnate
avvolte in una coltre interminata
di stelle e sguardi innamorati.
Qui sarò,
nell’orizzonte di libertà
che mi parlava incontro
da un valico di mille attese.
E sarò morte che dorme
nel cavo di un albero abbattuto
attendendo il sogno
che ancora le è mistero.
Solo al risveglio sarà chiaro
il sorriso oscuro di ogni passo,
sull’impossibile orizzonte
dove il fuoco dell’anima riposa.
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Critica in semiotica estetica della Poesia “Qui sarò” di Andrea Polini
In un tempo circolare, in un tempo ritornante, in un luogo coessenziale di uomo e di natura, vince la morte nella sinestesia della memoria la parola del Polini. È una morte che feconda del proprio seme il grembo della terra, una morte che sublima in luce, che sa rinascere da un sogno, a generare il senso che lega ogni gesto, ogni passo della vita.
Una parola rimasta non detta
Ogni primavera ci ha lasciato il suo
profumo scolpito in una fuggevole
pioggia di margherite sopra giovane
erba smeraldina. Ingenue le nostre
speranze s’alzavano in un battito
d’ali verso la promessa di quel
cielo d’eterna giovinezza come
facesse parte di noi. Presto scese
l’ultima nostra ora chiara su quelle
lunghe giornate d’illusione e sul
sentiero dei miei passi che si fecero
più affrettati e bui. Infine non restò
che l’arrendersi al tramonto, crepuscolo
che di volta in volta si spera più
lento: un riavvolgere i passi, un contare
gli sbagli, i miraggi. Tante e più spine
rinchiuse tra le mani ferite di
un timore, dall’assenza di quel
profumo che salva quando sarà
lieve, sempre più lieve la vita che
batte col cuore, e poi non ci sarà
un’alba nuova, il rinascere come
nel sorriso del perdono. Di me,
di noi, di ciò che fummo resterà
un pugno chiuso e una carezza sempre
con un che di fuori tempo, il silenzio,
una parola rimasta non detta.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Una parola rimasta non detta” di Andrea Polini
La parola sospesa del Polini, come segno che rimanda il senso, cosciente del tramonto come della finitudine dell’uomo, si aggrappa alla sinestesia di un profumo in promessa d’eternità perduta, quando si approssima il buio che sottrae l’alba sorrisa del perdono e si vive fuori tempo, nell’inespresso, nel mai e nel non più.