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GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Angela Maria Miceli
Parola che resta
Parola,
che di verità si spiega
che di senso si carica
di membra si agita
pesante di realtà si piega
al dovere di ricominciare ancora
Null’altra scelta
che la cura di un pensiero
in una profondità riscoperta
quella dell’umano, del vero
Parola,
di continuità
nelle spire del tempo
alcun timore di perduto appuntamento
di lontana alterità
Parola che resta,
parola che vola,
ricorda, reinventa
e nella sua essenza
ritorna e consola.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Parola che resta” di Angela Maria Miceli
La carezza di un viaggio sensoriale ed epistemico, attraverso la dialettica di essere e divenire della parola, apre delicatamente la Miceli. La poetessa sa cogliere nella parola l’apertura della verità e l’intima qualità umana corporea e irriflessa di questa, attraverso il movimento della sinestesia, come anche lo smarrimento della verità della parola, che “si piega / al dovere di cominciare ancora” la ricerca del senso che fonda la validità del sapere, nel valore stesso di “cura di un pensiero”. Il poetare umido e salino dell’autrice mareggia dolcemente il segreto d’infinità possibile, nella parola che sa ricucire ogni distanza e ritrovare il perduto in ogni tempo, fino a toccare il suolo più profondo della “parola che resta”, supporto fra dicibile e ineffabile, di continuità al mondo. È questa la parola salvifica di tutte le arti, che guarisce affanni e dolori dell’uomo con il balsamo della sua essenza sonora archetipica, che gocciola una leggerezza profonda d’infinito: condizione prima e origine del divenire dei significati alla vita.
Andrò a vivere su un fiume
Andrò a vivere su un fiume
ma non conta quando
perché il tempo del fiume non esiste
si mescola e scioglie nel bagno vitale
delle nuove sembianze che assume.
Andrò a vivere su un fiume
ma non conta dove,
sopra le rocce di sorgente
dove il primo velo d’acqua si spoglia
e sul fianco un lume distende
o dove il dolce del fiume
diventa agrume
e concentra le energie
d'inconsapevole potenza,
riserva prenatale alla sopravvivenza.
Andrò a vivere su un fiume
ma non importa come
perché sono già fiume
nell’umido degli occhi d’albume,
in questa naturale e innata direzione...
e dal mio fiume
la solitudine celeste
si lascia trascinare fin là
dove il mare è ancora senza colore
e la fantasia lo veste.
Critica in Semiotica Estetica della Poesia “Andrò a vivere su un fiume” di Angela Maria Miceli
Il movimento dondolante e melodico del verso della Miceli affida lentamente l’essere umano alle acque della genesi e dell’eterno ritorno. L’umano è nascente dalla partecipazione ad un grembo elementare universale, coabitato, che custodisce un senso, un valore e un destino comune, entro cui si trova già da sempre ad essere: libera immanenza, che scompone e ricompone la visione della verità. Ogni presentazione linguistica è un volto situazionale della verità e verità medesima, è ricongiunzione di apparenza cosciente e sostanza inconscia, nel movimento eccedente di qualche cosa, che non si esaurisce nel detto e che, incessantemente, torna a proporsi come ancora da dire.
Verde
All’ombra del solito timore
mordo per errore
il labbro acerbo
e quell’intimo angolo di verde
si riempie di colpo di sole
La brina dal ciglio
d’istante si sgoccia
una lacrima slitta
sulla forma confusa
che subito sboccia
ma è presto,
e il nudo pensiero
dal ghigno del cielo
impietoso al riparo
percorre a ritroso il sentiero.
Quel sole m’è caro
nel tempo che cura
la fantasia che arretra e poi avanza,
e rischiara quel verde paura
di un tono verde speranza.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Verde” di Angela Maria Miceli
Germogliante, la parola della Miceli è consustanziazione al movimento della natura, lungo l’assiale crescita verde del virgulto. Il verde è equilibrio, che mesce l’alchimia del secreto lacrimale, colore blu dell’umbratile acqua inconscia del dolore, al giallo della luce cosciente, che sboccia il fiore cangiante della forma del pensiero. È naturale l’umana speranza, sorella del sonno e della morte, a sollevare ciclicamente alla vita.