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Annamaria D'Ostilio

Sumy

Tra riverberi di stelle

il vento scompiglia le tue grasse fronde.

Le increspature dell’aria stanotte

si modellano sotto il peso del dolore

e restituiscono dolci litanie

tra l’argento lunare

e il verde scuro

che si confonde con il buio.

Domattina presto taglieranno i tuoi rami

da così maestoso tronco,

lì da sempre

che tutto sopporta,

tutto regge,

tutto accetta,

tutto perdona.

A bracciate piene saluteranno

l’ospite atteso

non ancora riconosciuto.

Volteggeranno nel cielo a ricordare la tregua,

la pazienza, l’alleanza.

All’improvviso un boato,

i ramoscelli orfani di mani asfittiche

si frantumano,

le argentee foglie diventano

polvere sfavillante sotto il sole.

Pur tornerà un altro Aprile

a cui farai dono del tuo oro profumato

sarai balsamo lenitivo per le ferite

e aroma dolce per narici affannate.

Sotto la tua ombra rinnovata

ristoreranno i corpi stanchi

e già il vento liutaio vorrà insinuarsi tra le tue grasse fronde

per comporre inni di gioia

e increspare ancora l’aria

piegandola alle leggi dell’universo.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Sumy” di Annamaria D'Ostilio

 

La parola innaturante della D’Ostilio affida il dolore dell’uomo al vissuto panico universale, abbracciato dal grembo della natura stessa, per configurazione e sublimazione, per la catarsi dell’emersione a coscienza. Il sacrificio della guerra nella città ucraina, appartenente al tempo lineare e depauperante, partecipa in via poetica e apotropaica alla nigredo del ciclico tempo naturale, eternamente ritornante, perché l’inverno possa attendere una nuova primavera di vita.

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