Antonietta Pastorelli
Che non sia l'ultimo verso
Che non sia l’ultimo
verso
questo che ruba
significato al silenzio,
mi basta
anche se racconta
di niente,
se niente è l’anima mia
smarrita
fra il nulla delle certezze
che hanno forma e materia
da toccare misurare idolatrare.
Senza idoli di cartapesta
cercatrice di senso
in cammino
mi imbatto nell’altro
dividendo il pane
amaro,
la polvere del sentiero
impervio.
E il peso si fa
leggero,
se insieme
maneggiamo
con cura
questa Terra,
fragile porcellana fine
in orbita
a rischio di collisione
………………………….
Che non sia l’ultimo
verso
questo che ruba
significato al dolore,
mi basta.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Che non sia l’ultimo verso” di Antonietta Pastorelli
Il suono del dolore è ascoltato, cullato, in un dondolante fra sé e mondo, e distillato dal tempo in lento fluire del verso della Pastorelli. Lo smarrimento dell’identità nella forma, il deliquio del passo di sé nell’alterità, l’abbaglio e la cecità della parola di fronte alla verità e il pericolo di morte stessa sono al contempo la forza medesima della ricerca. L’uomo alla poetessa, come un Atlante, muta il grave silenzio del dolore in cammino di senso condiviso, come mai ultima azione poietica di sé e mondo, inarrestabile.
Camminando nei sentieri impervi
Ti dico addio bassa scogliera
sentinella un po’ sonnolenta
nel meriggio tranquillo
non come quelle rocciose
dure del Sud
a picco audace sul mare.
Lì sono cresciuta
sfidando i ragazzini nei tuffi
mentre i piedi nudi sanguinavano
per i tagli della roccia:
così ho imparato ad amare
la vita
ad amarla senza timori.
Di ferite il corpo e l’anima
ha memoria
ma non voglio asciugare
le mie lacrime
non voglio percorrere
il tempo mio
con le scarpe pulite.
Me le voglio impolverare
camminando nei sentieri impervi
che portano a paesaggi gelosi
della loro bellezza.
La polvere sia testimonianza
che sono esistita
la mia unica eredità.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Camminando nei sentieri impervi” di Antonietta Pastorelli
La parola epistolare della Pastorelli, di fronte alla problematica de veritate, trova la sua funzione veritativa nella dimensione mutuale della testimonianza del mondo. La verità è ricoeuriana attestazione, certamente instabile per la sua storicità, ma unica certezza dell’audacia della vita, dono e continuazione umana possibile: è la polvere del senso, sintesi di sé e mondo, accumulata dall’amante orma segnica nel viaggio, dall’apparire all’esistere.