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Benito Maglitto

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Figura con ombrello” di Benito Maglitto

 

Tutto interiore è il vissuto artistico e sapienziale del Maglitto, che, a dispetto della caducità plumbea della contingenza ambientale e formale, lascia sorgere e spandersi l’irradiazione cromatica di un sentimento estivo e assolato. Lascia che il passante indossi la veduta dei campi e il raccolto, lascia che il grano colori lo sfondo e i pensieri, nel superamento dei confini esistenziali, in una consustanziazione all’oro, che alchemicamente serba l’istante, trasmutato nella sua eternità immutabile.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Observer” di Benito Maglitto

 

In perfetta sintesi di luogo umano alla bruna quadratura del capo e di luogo divino alla cerulea circolarità degli occhi, l’osservatore del Maglitto è colui che letteralmente serba l’intorno. Lo sguardo osservante dell’uomo, che nasce dallo stesso foglietto embrionale della pelle, è costitutivamente un abbraccio sinestesico. L’artista osserva la promessa originaria di ricongiungimento dell’osservante all’osservato, a reintegrare l’ombra del rimosso, a rifondere identità e alterità, infino a scoprirsi in comunione alla natura infinto, finanche a consustanziarsi alla deità. È l’istante che supera il chronos lineare, che trova la curvatura del suo kairos, per l’attimo di metanoia stupefatta di un senso proprio: lo sguardo solleva e libera dalla prospettiva errante di un unico e avvicendante punto di vista sulle cose, fuori della replica duale e mendace dell’evento di inizio, oltre la figura retroflessa ed anteflessa delle pratiche adottate di sapere, fuori della rappresentazione scenica di un teatro che rimanda la verità: è l’istante terso e primo dell’epìskopos, che dall’alto affranca l’uomo dalla morte. 

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Manoscritto” di Benito Maglitto

 

Profondamente simbolica, la rappresentazione cristologica del Maglitto stilizza la forma ittica. Le lettere maiuscole della parola greca “pesce” sono acronimo dell’espressione Gesù Cristo, figlio di Dio, salvatore, usato dai primi cristiani di cui egli è pescatore, come reciproco riconoscimento e iscrizione sulle catacombe. Il pesce è archetipo di una profonda verità ascosta dagli abissi marini, che si solleva alla luce nella parola. L’espressione è sacrificio di morte rituale, per la purificazione, per l’oggetto divino di vita eterna.

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