

GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Carla Barlese
Saudade
Fin dalle pallide albe di cristallo,
frammenti d’ombra
su clessidre polverose;
sono i ricordi: mute, care presenze,
perle imbrigliate nella rete
e nel respiro leggero del silenzio.
Senza far rumore s’è dipanato il tempo…
A spuma di nuvole le labbra riarse anelano,
l’onda s’infrange sulla sterile battigia
e il nocchiero sotto una fugace luna
non trova più il desiato approdo.
Silenzio d’ali sulle muscose pietre,
pensier brumosi al finir del giorno
e nella musica d’incanto delle stelle,
non arpeggi di brividi maliosi,
svaniti al limitar di un bosco,
ove la dolce stagione, dal piè leggero,
ormai più non sogna.
E in questa terza parte della vita
a inseminar schegge di memoria
nella darsena di un cuore, triste e stanco,
sol sovrana permane la saudade:
la struggente presenza… di un’assenza.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Saudade” di Carla Barlese
Sensibile ed elegante, la parola spezzata della Barlese muove la nostalgica e inquieta ricerca di una struggente solitudine, è frammento mancante, che anela di sé al perduto oggetto d’amore nel ricordo di bellezza. Il tempo ormeggia il desiderio del cuore alla stagione invernale e non v’è malia, non v’è incantesimo che leghi il destino degli uomini, resta solo mordente la saudade, costruita attorno ad un grano sabbioso di dolore: perla che ascolta il silenzio.
Dell’anima tu sei il mio caro Borgo
(A Vitorchiano)
Già si avvertia nel colore più intenso della luce,
nella fragranza del gelsomino e delle rose
un dolce sentire di emozion presago
e nei cuori una strana frenesia.
Mai, mai ci saziavam d’estate,
della stagione dalle vermiglie gote
e mentre, ancor brillava la rugiada,
si correa nei prati a perdifiato,
a rimirar delle formiche la pazienza,
il suggere dolce di operose api
e poi tuffarsi nelle bionde messi,
ove papaveri setosi e fiordalisi
omaggiavan secolari, dure fatiche.
All’imbrunire, al suon della campana
che dal pittoresco Borgo nella valle si stendea,
su sbrecciati gradini a gustar succosi frutti
al sapor di sole e di refoli di vento.
E ancor, in ciotole di legno pan bagnato,
insaporito con nettare d’ulivo,
frammisto a foglie d’odorosa menta.
Alla sera, sotto un ciel d’astri trapunto,
al lume di fiammelle vagabonde,
storie di dame, di cavalieri erranti,
di elfi e di folletti scombinati
e al suon della diletta, paterna voce
su un cuscino di stelle sogni soavi.
Dell’anima tu sei il mio caro Borgo,
parco dei sogni, meraviglia di richiami
al profumo d’infanzia e di magia
e or che in polverosi, algidi inverni
la vita scivola senza far rumore,
imbrigliata in conchiglie di memoria,
il cuor si strugge di straziante nostalgia.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Dell'anima tu sei il mio caro Borgo” di Carla Barlese
Delicata, la parola della Barlese accarezza i sensi riportando il passato in presenza, rifondendo di sé al luogo d’infanzia, per la catarsi della nostalgia. La poetessa trova nella luce l’intensità emozionale, scorge il volto stesso della stagione, compie la fecondazione divina della rugiada e l’eternante messa in opera della verità delle api, finanche a secernere il sapore della conoscenza. Così affida la propria anima al corpo in chiasmo sensibile e senziente del borgo, a trovare in esso riparo ed asilo, all’abbraccio fisico tanto profondo da raggiungere il suo principio vitale: il soffio del respiro del vivere.