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Carlo Zara

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Se non c’è vento, anche la banderuola ha carattere” di Carlo Zara

 

La graffiante satira del segno grafico dello Zara è denuncia delle stolide concrezioni nevrotiche dei ruoli sociali, prigioni mascheranti dell’uomo, è l’autoterapia di un gesto rituale regressivo e trasgressivo, di un descensus

ad uterum, di un inghiottimento dell’io nell’inconscio, per seguire la libera istanza originaria delle pulsioni

del principio di piacere, per uno stato ironico di rovesciamento, d’infinita libertà e di non contraddizione, luogo

di proiezione assoluta di sé. L’identità è sofferenza del distacco all’artista, è la circostanza di finitudine che simbolizza la resa alla legge del padre, alla legge dell’ordine sociale, del linguaggio e del desiderio: il luogo umano condanna alla procrastinazione infinita del piacere del senso nel differimento del significato. È dal luogo precategoriale, dal chasma dionisiaco e oscuro di una Ecate siderale, fra attrazione e repulsione, da una pura

e mera physis diretta, che può mai aver principio un nomos: l’arte dello Zara è la traccia immediata, fugace

e profondissima di una discesa iniziatica alla presenza instante dell’indeclinabile, alla vita eterna della animalitas, per un primo gestante “volo ergo sum”, voglio dunque sono, per una sua fenomenologia del controvento,

che eleva da banderuola ad uomo.

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