top of page

Cesira Svaldi

Eri la mia quercia

Un risveglio come tanti,
scandito dal tempo,
dai miei soliti impegni.
Lo sguardo va alla finestra,
passano leggere le nuvole
davanti ai miei occhi,
i miei pensieri s’oscurano,
d’un tratto,
e lo sguardo va dritto al cielo.
Da dietro ai vetri,
attonita,
sento che la malinconia m’assale,
il mio viso si trasforma
in una maschera rigata di lacrime.
Eri la mia quercia, papà
maestosa, generosa e sacra,
la mia forza.
Eri la mia quercia, 
e ora da lassù,
avvolgimi, proteggimi
con la tua grande chioma.

 

​

Critica in semiotica estetica della Poesia “Eri la mia quercia” di Cesira Svaldi

 

Quasi l’invocazione di una peleiade è la parola della Svaldi, volta all’antica dendromanzia, che legge il sussurro divino dello stormire delle fronde di quercia. È questo l’albero che dona forza e verità immortale e arde del fuoco eterno, a cui la poetessa affida, in sinestesia, la perpetuazione del trasfigurato ricordo paterno.

© 2014-2024 by Accademia Internazionale di Significazione Poesia e Arte Contemporanea

created by Antonino Bumbica - Fulvia Minetti

bottom of page