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Dalila Bencivenga

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Ricci di mare” di Dalila Bencivenga

 

Il segno vitreo ed incisivo della Bencivenga è atto ottico della coscienza, ad intagliare ed a raccogliere preziosi frammenti della profondità salina dell’inconscio e del sentire. E dolorosa puntura di riccio è

il dono del tocco del desiderio, perché l’afferramento stesso della visione è negazione e perdita della verità, in una delle sue innumerevoli prospettive. Eppure l’artista dimostra che la sinestesia che abbraccia i sensi riporta, dalla bugia del segno, al senso profondo dell’oltre e del rimando infinito.

Dalila Bencivenga, Il Cigno.jpg

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Il cigno” di Dalila Bencivenga

 

La pittura emotiva e cromatica della Bencivenga è itinerario alchemico, nel divenire dualistico di tenebra

e di luce, di materia e di spirito. Dalla dimensione materica e informale della nigredo, del caos primigenio dell’inconscio, che è possibilità infinita, domanda e ironia in rovesciamento del precostituito, nasce l’albedo nel simbolismo archetipico del bianco cigno. Dall’ombra è la resurrezione, la nuova visione,

la coscienza, l’iniziazione, la purezza del pensiero, la sublimazione dell’istinto nella spiritualità dell’idea. L’albedo volge alla citrinitas del movimento della coscienza e alla rubedo della realizzazione della volontà, nel processo junghiano d’individuazione al Sé, perché la conoscenza è movimento.

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