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Danilo Antonello

Quando tutto è finito

Vorrei morir d’autunno

quando s’è finito ormai di vendemmiare.

quando le nebbie vengon di sera

 ad intorbidire il cuore.

 

Vorrei morir d’autunno

che la premessa al lungo inverno

allontana la voglia

del tepor di primavera.

 

Vorrei morir d’autunno

per evitare l’ombra lunga

del sole avaro

dopo che l’ultima rondine

s’è n’è andata a svernare.

 

Vorrei morir d’autunno

stanco della frenesia di fare

e stanco di dover

per la prossima estate

pensare.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Quando tutto è finito” di Danilo Antonello

 

In eco dondolante, il verso dell’Antonello disvela la stagione autunnale a metafora della condizione umana nella massima economia del segno significante, spoglio degli orpelli delle apparenze, nel luogo della potenza sottile del velo nemboso della rappresentazione che quasi solleva, che approssima alla volontà ultima, alla verità oggettuale, alla notte del sole, alla notte della coscienza, all’altra notte. La parola “fine” ha la stessa radice di “fenditura”: è il punto di esito, lo sbocco di risposta alla domanda irrisolvibile della vita.

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