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Elena Cecconi

Scirocco

Quel filo infinito,
il tempo; ore o secoli.
La matassa dei ricordi
si snoda tra i saloni
di una villa, antica
quanto tutte le storie.

Alti specchi dorati
riflettono respiri,
mentre un caldo vento
si insinua segreto,
foriero di altre vite.
E di luoghi lontani.
Sullo sfondo, sontuose,
marmoree scale.

Le vetrate sono occhi
posati su fiabeschi
grovigli di colori,
intrisi di assertivi profumi.

Un'arida terra densa
del suo stesso
irrisolto mistero.

Lo scirocco consuma
la pazienza, ma non voglio
geometrie diverse,
cercando la porta.

L'unica.
Oltre la quale
trovare le risposte.

 

Critica in semiotica estetica della Poesia “Scirocco” di Elena Cecconi

 

Iconica, la parola della Cecconi fonde la sinestesia del filo temporale, al vento, alla domanda aperta, quale condizione stessa di tensione e di proiezione alla realizzazione dell’uomo, che tuttavia resta irrisolta. Si è in una sospensione fra l’interno e l’esterno, fra il familiare e l’estraneo, fra il riflesso e l’irriflesso, sulla soglia segnica della visione che rimanda all’alterità, per la dimensione ultima e unitaria.

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