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Elisabetta Biondi della Sdriscia

Gabbie

Costretta nell’involucro, non riesco

a distendere nel volo gli arti scarni:

mi dibatto senza scorgere varchi

in questo rimanente senza sbocchi.

 

E non mi riconosco e non so dire

dove io sia diretta, se esista una sorgente

o se il viaggio è a ritroso, verso il niente,

in questo pigro esistere che anticipa la notte.

 

La fluidità dell’acqua ci è negata.

 

Lei si dispone docile

in ciò che la contiene,

ne occupa ogni spazio, si dilata

senza mutare né essere mutata.

 

A noi è concessa la forma della gabbia,

lo sguardo confinato tra due sbarre

e una porzione esigua d’infinito.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Gabbie” di Elisabetta Biondi della Sdriscia

 

In rima, ad eco di uno spazio di finitudine, la parola della Biondi della Sdriscia vive lo stato larvale di transito irrisolto dell’uomo, entro una temporalità di singoli istanti. L’identificazione costringe nella cornice di prigionia del nome, del ruolo obbligato, che assegna una coscienza esterna, un’aspettativa esteriore. È un dovere adattivo e alienante dalla fluidità libera dell’essere, che ingabbia in una forma solida e fratta d’esistenza.

Ombre

Ombra nella sera, di nascosto, dal buio

della finestra appena schiusa, carpisco

frammenti sconosciuti di un esistere

uguale e differente, e vedo il mondo

immutabile nel continuo mutamento.

 

Vedo la strada, giù, e la piazzetta

dove si affaccenda la vita che non passa

e all’improvviso scopri che è passata:

ridono, i ragazzi, appoggiati al muretto,

si passano una birra e credono di sapere,

ma non sanno, né della gabbia né della clessidra.

 

Sogni e sigarette, sulle labbra dense

di parole non dette, di baci ancora

da cogliere: la vita è una promessa

intatta, una tela non ancora imbrattata.

 

Ridono i ragazzi, nascondendo

spavaldi la loro timidezza,

e si chiedono chi sia quell’ombra     

celata dietro la persiana spenta.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Ombre” di Elisabetta Biondi della Sdriscia

 

La parola umbratile della Biondi della Sdriscia dipinge, fra essere e divenire della vita, fra sé e altro da sé, nella prigionia dello spazio e nella fugacità del tempo, la condizione sostanziale umana della domanda a essere, in qualità di proiezione in una soglia d’oltre, sempre ancora da venire.

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