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Fabrizio Balsamo

A mio figlio Iacopo

se pur ti conosco

ti curo e vedo crescere

nei giorni e nelle notti

 

se pur conosco le tue radici

e ti ho parlato e ascoltato

accarezzando e amando la tua linfa

 

se anche ho ammirato i tuoi fiori

presagio d’incanto

 

al momento d’assaggio

del tuo primo frutto maturo di primavera

lacrime di emozioni mi hanno pervaso

riconoscendone il sapore dell’inaspettato

 

una meraviglia di sentori nuovi

i tuoi doni

col bacio del sole e della luna

che ti accompagneranno

​

​
 

Critica in semiotica estetica della Poesia “A mio figlio Iacopo” di Fabrizio Balsamo

 

Con dedizione e gratitudine, la parola commossa del Balsamo invita all’incanto di una saggia e fanciulla meraviglia, prima e rinascente, oltre l’apparenza e al di là della dialettica lineare del pensiero, al tempo circolare della continuità dell’uomo all’uomo e alla natura, nel senso che perpetua, che il poeta affida allo spazio d’amore fra identità e alterità.

Cadono foglie

scorrono immagini

dietro una finestra

 

cadono foglie

mentre gocce di pioggia

si rincorrono sul vetro

 

una pianta danza

e non si preoccupa del vento

che soffia su di noi

lasciandoci nudi di ogni certezza

Critica in semiotica estetica della Poesia “Cadono foglie” di Fabrizio Balsamo

 

La parola malinconica del Balsamo confronta il tempo lineare di finitudine dell’uomo al tempo circolare infinito della natura, quale continuo sussistere eternamente accadente. Dell’uomo è l’incertezza di una coscienza debole, che rinuncia alla conoscenza per il senso, che dimora in movimento, in caduta, fra coscienza ed inconscio.

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