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Ferdinando Ragni

Terra di Sardegna

Aspra Sardegna terra senza tempo

storia di immagini immutate

rocce scolpite e consumate

dall’impietoso logorio del vento.

 

Terra di sogno, terra di mistero

dagli irti declivi degradanti

dagli alberi contorti ed imploranti

un attimo d’oblio, vana chimera.

 

Antica terra di antiche genti

dal clima dolce e l’aria profumata

di mirto, di lentischio e mareggiata

di leggende di uomini “balenti”.

 

Memorie di paesaggi silenziosi

di scampanio di greggi nelle valli

d’infuriar del vento tra le calli

di uomini duri, saggi ed operosi

 

di donne di bellezza austera

dai volti fieri segnati dal tempo

di vite vissute in un momento

di attese speranze e di muta preghiera.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Terra di Sardegna” di Ferdinando Ragni

 

Il verso del Ragni è elegante, profondo, musicale, nel movimento di un melodico sicuro ritorno. Il paesaggio del poeta non è mai meramente descrittivo, ma è reso la perfetta eco dell’architettura interiore degli umani sentire. Il valore dell’appartenenza, in qualità di matrice d’identificazione e di formazione identitaria, muove all’abbraccio all’ambiente d’origine, alla memoria e alle sembianze della terra, che sposano i volti alle rocce, gli alberi contorti ai corpi intrecciati in preghiera, il silenzio al vento e ai declivi. Questo isomorfismo in sinestesia è la magia grembale del poeta che sa aprire l’asprezza e la solidità della terra al mistero, al sogno d’infinito.

È sera

Seduto sui gradini dei miei anni,

contemplo il giorno svanire all’orizzonte.

Alba e tramonto, ineluttabilità del tempo

inesplicabile metafora di vita.

Intorno a me, silenziosa scende la sera

e come un grigio velo si distendono le ombre.

Cade una foglia e planando leggera,

muore sull’erba senza far rumore.

Un fremito nel petto per l’umile morte silenziosa:

una fresca brezza spira leggera

e sommuove leggermente la tranquilla superficie

del mare della mia serenità.

Chiudo gli occhi e respiro profondamente la vita

e sento scorrere in me il fluire misterioso

di ogni cosa e l’animo si riempie d’infinito.

 

Il sole è scomparso all’orizzonte,

un gabbiano veleggia libero nell’aria

e nel cielo, tremule brillano già le prime stelle.

Un’onda di contrastanti emozioni mi travolge:

profonda tristezza, ricordi lontani,

una struggente nostalgia, desiderio di pace.

Penso ai miei cari, al lavoro, alla famiglia,

alla muta regolarità del tempo,

al meraviglioso esserci per vivere

e dal petto sale come un fiume in piena

un senso di infinita gratitudine.

Commosso allora prego affinché ogni tramonto

sia sempre un nostalgico rimpianto

di un giorno sereno trascorso

e la gioiosa speranza di un domani migliore.

Critica in semiotica estetica della Poesia “È sera” di Ferdinando Ragni

 

La romantica melodia del Ragni, con elegante e profonda carezza, avvolge il luogo umano al luogo naturale e affida così il tramonto della vita alla certezza semplice del continuo sussistere accadente, che anima l’eternità del vivere in natura. Il movimento declinante è redento dal poeta nel senso e nel valore, che catarticamente trasfigura la libertà d’immaginazione in immaginazione di libertà, nell’attesa della speranza, nella rinascita al grembo di perpetuazione del tempo.

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