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Filippo Passeo

Luce e ombra

Luce, ti guardo al mattino,

ti guardo alla sera,

ti guardo nel cielo, nel mare,

ma quanti angoli scuri lasci nell'anima ancora.

Ti vedo sfiorare i paralleli, ascendere i meridiani,

ma quante plaghe nel buio lasci ancora.

Ti vedo, Helios,

sul tuo cocchio d'oro illuminare l'Oriente,

ti vedo sul tuo battello d'oro rosseggiare l'Occidente,

ma quante ombre lasci incastrate tra noi ancora.

 

Eliotropicamente ti ho seguito,

affinché come un Assoluto senz'ombra

mi piombassi verticalmente addosso,

affinché trasparente rendessi la coscienza,

senza macchie, senza ombra.

 

Luce, mi colpisci al mattino,

mi scalfisci alla sera,

ti cerco nel cielo, nel mare,

e sempre di sguincio m'arrivi

la terra sporcando di un'ombra.

E con quest'ombra al mattino cammino,

la trascino alla sera,

la trascino in fondo a tutte le strade,

ma a volte si proietta dietro il mio corpo sottile

e sembra una coda dannata.

O luce sghemba, che la persistente impronta

della bestialità umana evidenzi ancora!

Critica in semiotica estetica della Poesia “Luce e ombra” di Filippo Passeo

 

I rapidi inseguimenti dei versi pennellati del Passeo cercano, ricercano, reimpastano il buio del desiderio per l’ingresso della luce. Ma l’assoluto umano non è luce piena, non esiste la coscienza pura ed ultima, il destino dell’uomo è il cammino obliquo della penombra, fra inconscio e cosciente, dall’animale al dio, della memoria fatta di male l’uomo è il “corpo sottile” di una fune tesa alla catarsi impossibile.

Arrivi

Nel campo della mia vita senza confini

I solchi riscaldano ali d’api;

il vento v’insemina

canti lontani di libertà;

i tuoi occhi, i tuoi occhi

sradicati dai miei desideri

sono scaglie blu di corindone

tra i miei passi su zolle

e le pietre, le pietre tirate sono stelle.

 

In alto è buio e vuoto,

tutto è caduto dentro la mia esistenza,

in cammino senza esistenza

tra le ombre allungate della sera.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Arrivi” di Filippo Passeo

 

Il verso essenziale del Passeo apre agli scenari d’infinito dell’arte, arte che salva e che redime dalla finitudine umana. Il poeta è la volontà stessa di segnare liberamente il supporto del passaggio di vita, nel desiderio di prova

e nel compiacimento dell’esistere: è lascito ai transitanti, che vogliano suggere conoscenza.

Il poeta ama, trasforma, dà senso e avvalora, tutto con la potenza umbratile dell’immaginazione,

che rende possibile e sentitamente propria ogni cosa.

Nel bosco

Respira il bosco rasentando il cielo.
In mezzo un albero che nessuno vede,
che potrebbe anche non esistere.
Ma è proprio la consapevolezza di esistere
che lo fa brillare di resine.
Tra la scorza le strade contorte che ha percorso.
Lui conosce il terreno dove è immerso
che lo ingemma sino alle labbra dei rami.
Al mattino gli basta la visita
dello scricciolo che gli saltella addosso
e a sera il lampeggiare degli occhi del gufo reale
che lo protegge dalle serpi.
Ha tante foglie da scrivere,
per affidarle a un vento caldo
che sfiora le tempie degli uomini.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Nel Bosco” di Filippo Passeo

 

Simbolica, la parola del Passeo dipinge il passaggio dall’essere, nella continuità inconscia al tutto, all’esistere della coscienza. È viaggio di nascita nel dolore alla luce, attraverso il fluido sacrificio, dal tempo circolare trasmutato in oro di conoscenza. Fra lo scricciolo, che incarna il rituale sacrificale solare nel solstizio d’inverno, per la rinascita della luce nel mondo e il gufo, sacro alle arti, custode dell’oltremondo, sguardo oltre le apparenze e coscienza delle ombre, il poeta affida al vento di verità le parole.

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