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Franca Mancini

Passi accordati

Osservo il piovasco cadere

Non sono mai stata così a lungo a guardare

Ad ascoltare il rumore della pioggia

Che assieme al vento picchia contro i vetri

Sorprendendo un merlo

Pizzicare le uniche bacche rosse del giardino

 

Piccoli aneddoti di vita

Come lievi tocchi di colore

Aspettando domani

Da raccontare nel solo modo che l’Io conosce

Cogliendone la fragilità

La sensibilità tutta

Raramente si congeda da te

 

In tutta la sua esplorazione sei presente
Nessuna soggezione con il tempo
Né con l’età - non con questa stessa vita
Una lunga lettera mai rivelata al destinatario

Critica in semiotica estetica della Poesia “Passi accordati” di Franca Mancini

 

La parola continua della Mancini è estensione persistente e sospesa di libero pensiero metaforico,

che segue il filo irrecidibile del sentimento che lega l’assente.

Ogni elemento esterno, fatto simbolo,

risuona nel grembo del sentire, che accoglie tutte le cose in un unico abbraccio, nella sincronia,

nella sintonia e nella sinfonia che rifonde alla rêverie sognante ciò che la debole coscienza scinde

e ricaccia alla latenza dell’ineffabile.

Intangibile sempre

Questo sentire non ti appartiene

Cresciuto nel breve tempo

Senza conoscere né approvazioni

Né cerimonie

Confida nei ricordi che rivelerà l’assenza

                             

Musica per queste orecchie le parole

Taciti accordi recepiti qui

Nelle stanze più remote del cuore

Appariva grande allora - Grande

Rispecchiava me

 

Amore solo per l’amore

Amore soltanto per quel cuore

Insolito sentire in questo credo

Mutato troppo negli anni

Attraversato spesso dal buio delle notti infingarde

Solo alcune fantasiose

Insaziabili della durata delle ore

 

Al vaglio ora - di una flebile luce

Che tende a illuminare un volto

Cercando conforto nell’insonnia

Da talamo a talamo - quasi un fantasma

Intangibile sempre

Per questo ancora più presente

Critica in semiotica estetica della Poesia “Intangibile sempre” di Franca Mancini

 

Intima e corrente, la parola chiaroscurale della Mancini confida nell’eternità, che solo dona l’inarrendevolezza, il moto infaticabile d’innumerevoli lanci delusi del tendere umano, al superamento di sé nell’amore. Eludendo la definizione del dire, la poetessa disdegna l’oggetto di realtà e tiene a dispetto il possesso, per l’infinito piacere di essere ella stessa l’implacabile danza proiettiva dell’incontro trasfigurante di forme amanti, a presentificare, nella sinestesia dei sensi, l’assenza in siffatta pienezza e continuità.

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