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Gabriella Capone

Parole

Le parole che non dici,

quelle che non sai,

quelle che non hanno voce,

quelle che non sono state ancora create,

vivono in te e fanno corona

al tuo essere.

Sono gemme che non hanno prezzo,

il loro valore è dato dal loro non essere

e dal loro avere consistenza inesprimibile.

Non hai merito per quanto non sai dire,

ma grande talento per quanto ineffabile

nel tuo pensiero alberga.

Canzone cantata senza voce,

volo nel cielo senza ali,

trasparente arpeggio di note solinghe,

e orizzonte senza confini

si son dati convegno

per dare consistenza e luce

a quanto celato, senza veli,

accoglie, senza riserve, la tua mente.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Parole” di Gabriella Capone

 

La parola maieutica della Capone è carezza e incitamento all’emersione dei potenziali espressivi e comunicativi dell’infante, in qualità di dono e di responsabilità. È domanda identitaria, desiderio e attesa come aspettativa, cornice genitoriale e sociale che offre il primo riconoscimento, che dà unità e amore, per nascere ad esistenza l’essere nella parola, nel senso collettivo e condiviso, che ripete la memoria inconscia d’armonia grembale e d’infinito: desiderio vitale a nutrire un essere, ancora, senza altro pregiudizio.

Mediterraneo

Salgono dal mare armonie di aromi

che rincorrono cadenze

di melodie cantate senza voce.

Luce e ombre danzano

all’arpeggio delle onde

che si distendono sulla riva.

Voci lievi e profonde

confondono sensi e parole

nel tepore della sera

avvolgendo in rivoli di brezza

eufonie cariche di colori.

Profumi di terra natia

ritornano alla conoscenza

circondando la memoria

di vellutata fragranza,

lenta e suadente si innalza

l’elegia di uno zufolo

che fluisce veloce e amabile

come le immagini lontane

che accolgono nell’intimo

il presente del domani.

Segreto che colma il cuore

e regge l’impeto della tempesta

che lungo l’arco dei giorni

cerca di portarti via quello che credi,

s’innalza e trabocca colmando

i vuoti che lungo la strada

si son formati, lusingando note e colori

tra le onde di essenze ed accordi.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Mediterraneo” di Gabriella Capone

 

Lo sciabordio delle parole della Capone è invocazione e richiamo alla sinestesia dei sensi, dalla forma al suono

e dal suono al silenzio di una percezione estesa e di uno spazio dinamico, ma senza tempo:

è onda inconscia che non secerne il segreto e ricongiunge gli opposti, che ogni forma solida di credenza

erode e rifonde a nuovo divenire di un eterno ritorno.

Domani

Mentre l’ombra del finire

del giorno prende possesso

dei miei occhi, nella luce che ancora

filtra tra i pensieri

immagini di un unico colore

prendono vita su note suadenti

riportando sensi e affetti

che credevo perduti.

Mentre l’affanno dell’odierno

si allontana ecco che mente e cuore

sciolgono la loro canzone

in un turbinio di profumi,

di colori tenui e vividi.

Non è nostalgia, non è rimpianto,

ma l’essenza della vita che

come cardine socchiude

la porta del cuore

mentre brezza si aggira

soave sull’alba del domani.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Domani” di Gabriella Capone

 

Tenue e delicata, la parola della Capone accarezza l’ascolto della melodia come essenza della vita, che muove fra memoria e futuro, sapendo che nulla mai nel tempo è perduto. Il cuore dell’uomo è soglia del desiderio, che travalica il canto del vento: è il segreto di continuità di ciò che, altrimenti, è spezzato, vanito, e che rivive disteso nel legame della rêverie immaginante, che è musica soave, che letteralmente ‘dissuade’, che consiglia la nuova coscienza.

Petralia

Case abbarbicate l’una all’altra

tra selci e sprazzi di verde

contendono l’azzurro alla montagna.

Sole e pietra emanano calore

sulle vuote case

lasciate a ricordare

tempi andati,

amici persi,

congiunti lasciati e poi

mai più ritrovati

perché, tiranno, il tempo

non ha concesso sosta.

Ripide salite o scoscese acciottolate vie

si snodano tra silenziose

magioni dalle imposte socchiuse

per tacitare il sole che bussa

ai cuori di chi, ogni tanto, torna

a vivere nelle stanze, una sopra all’altra,

per dare forma alla casa avita

tanto agognata.

Al finire dei giorni di festa

il silenzio inonda le strade

e pian piano copre con un velo

di ricordi e sensazioni i desideri

di chi lascia e spera di ritrovare,

nel prossimo ritorno,

quella parte di se stesso

che mai è andata via.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Petralia” di Gabriella Capone

 

Con carezzevole malinconia, la parola della Capone dipinge il tempo dell’essere di un paese in coinonia all’ambiente naturale, a confondere l’ocra della terra e delle case svettanti in un caldo sorriso di luce, con le imposte degli occhi socchiuse, fra il sonno e la veglia, in equilibrio fra inconscio e coscienza. È la rêverie del ricordo che si mesce alla potenza dell’immaginazione e libera dal correre lineare del tempo. E nei rituali di festa, con i sensi impigliati nella sinestesia dell’oltre di sé, all’appartenenza naturale e comunitaria, l’identità resta affidata all’unicità di quel sempre, intimamente partecipe del paese natio.

Ischia

Non il vociare caotico e allegro

su viuzze scoscese e ripide

frondate da racemi penduli,

ma il variopinto gioco

di essenze e aromi

che il vento sospinge dal mare…

raccoglie briciole di pensieri

sciolti nelle vele

che lontano vanno portando

il senso e la conoscenza.

Assolato e muto terrazzo

compagno dei miei silenzi

che allontani l’oggi per

distendere l’anima sulle onde.

Mare suadente e placido

culli l’isola nei suoi anfratti

sapendo cogliere quello

che nasconde a chi non sa cercare.

Aromi, colori, acque ed essenze

brulicano giù dal Negombo

in una nenia di voci lontane…

richiami di un tempo

che non conosci.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Ischia” di Gabriella Capone

 

Libera e aerea, la parola della Capone raccoglie la materia molteplice e vivida del quotidiano, in un atto di fusione e spiritualizzazione, alla ricerca di un’unica essenza universale di vita. Lentamente si scioglie la frammentazione, la contingenza e la solidità del pensiero insulare e cosciente, per un nuovo viaggio odisseico all’oltre di sé, all’equoreo sentore di un senso complessivo e totalizzante dell’essere, per un tempo oltre il tempo di un’assolata finitudine.

Ultimo

Radi scorrono grani sabbiosi
nell’ultima fessura
del mio tempo rimasto, poi…
unico a battere l’istante
finale senza forze
nel palesare ancora
il vivido pensiero
sarà l’amore.
Ultimo lucignolo del cuore
misero tremolar d’amore
pregiato dissolver di nebbie
ebbre di paura
dell’oscura ragione.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Ultimo” di Gabriella Capone

 

Superlativa, la parola della Capone sfiora l’ulteriorità dell’ultimo estremo battere di sequenza temporale, che supera la definizione, che è già oltre il segno, che oltrepassa l’ordinarietà della ripetizione analogica, che trasfigura eccentrico nell’esondanza dell’oggetto di senso. È l’ultimo un pensiero allora vivido, a contenere, quasi irriflessa, la vita nell’amore, che risolve gli opposti a non capire: a comprendere l’unità.

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