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Gino Iorio

La mia favola

Ho saltato pozzanghere

senza sporcarmi le mani,

ho guadato torrenti e toccato il fondo

senza annegare.

Quel dirupo che mi dava pena,

ho superato anche quello.

Così gli anni

hanno fatto crescere il mio tempo.

Ma sono andato oltre,

a cercare l’impalpabile spazio

dove esistere è vita.

Tra lecci, faggi e corbezzoli,

per un sentiero già tracciato,

ho raggiunto l’Affascinante,

come le favole

che portavo con me

nella culla della mia infanzia.

 

Bisticcia il mio credere

mentre girandolo

in questo tempo

dove a volte

la nebbia mi toglie il tramonto sul mare,

e altre volte

spazia lo sguardo in esso

dove la favola s’avvera.

Critica in semiotica estetica della Poesia “La mia favola” di Gino Iorio

 

Il verso essenziale e narrante dello Iorio risale la nietzscheana storia di un errore in cui il mondo vero e inattingibile divenne favola, a trovare l’apogeo dell’umanità nell’unità di apparenza e di verità, di vita riflessa e di vita diretta. L’affascinante è al poeta la giusta chiave: la parola meravigliante che ritualizza, che ripete la verità, senza talvolta smarrirne, preziosa alla memoria dei sensi, l’essenza.

La vita

È un sogno

nel quale si nascondono

i flussi inesorabili del tempo

colmi di sensazioni

che si rincorrono

sino alla fine.

È un presente

che costruisce un pensiero,

è un dopo

dove ha privilegio la speranza.

È  un attimo

che a volte sconvolge le emozioni, le passioni,

la storia che hai dentro,

che consuma le attese e  arresta la mente.

Ed io vado cercando

tra questi spazi

dov’è la fede.

Critica in semiotica estetica della Poesia “La vita” di Gino Iorio

 

Essenziale e profondo il verso dello Iorio non è definizione, non è la prigionia di una forma prospettica e relativa del sapere; è invece la carezza aerea dei luoghi del sentimento che sconvolge, che letteralmente “svolge” il filo delle cose. La fede al poeta è la virtù della continuità, del mantenimento della promessa di realizzazione dell’uomo, del segno vitale che aggetta nella speranza dell’oggetto divino. Fede è l’ineffabile della mente a “legare” in armonia ciò che il caos del vivere ha disciolto.

Dammi un attimo

Dammi un attimo,
anche se breve come il volo di una farfalla,
ma intenso come lo sguardo che si perde all’infinito.
Fammi assaporare la melodia della tua voce,
dove riuscirò a prendere il sussulto della tua anima,
a rubare i tuoi desideri, a raccogliere i tuoi palpiti
e stampare per sempre sul mio cuore
il tuo nome.
Spogliati dei tuoi timori e regalami la tua felicità,
solo così sarà grande il mio oggi,
ancora di più il domani.
Ed io legherò, con una spilla d’oro,
al lembo del cuore,
questo momento che mi hai donato.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Dammi un attimo” di Gino Iorio

 

Semplice e profonda, la parola dello Iorio lega intimamente la dimensione infinitesimale al valore infinito, per intensità di senso. Il sentimento romantico del poeta supera le coordinate spaziotemporali, oltre il sacrificio del cuore, nella trasmutazione sublimante della materia in voce, in respiro, in spirito, che eleva l’umana finitudine in divina eternità, entro l’athanor dell’amore.

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