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Giovanni Branciforte

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Davide e Golia” di Giovanni Branciforte

 

Gli spazi transizionali, immaginifici e configuranti del Branciforte sono provocatorie ipotesi paradigmatiche, per nuove fluide soluzioni della coscienza. Davide e Golia non sono personaggi distinti, sono invece due istanze del medesimo essere, la maschera dell’abito della medesimezza e il volto dell’evento di distanza e differenza. Davide è orientamento cinetico, tensione, corpo vivente e operante, che manifesta il suo tropismo alla verità emotiva. L’artista celebra il transito della verità, che corre sempre incontro alla sua trasmutazione in errore.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Assenza di gravità” di Giovanni Branciforte

 

La cinestesia pittorica del Branciforte è istante di trasfigurazione, in battito d’ali fra presenza e assenza. Il ritmo del movimento conoscitivo è sempre secondo, a ripetere un’origine di senso mai presente in sé: è ricordo e riaccordo, per la meraviglia e l’elargizione dell’inesauribile. L’umano è tensione, intenzione, differenza, costitutiva distanza, interpretazione lanciata fra origine e meta: esiliata dimora di un segno in transito. Così, fra il battere della presenza e il levare dell’assenza, l’umano è terzo, nell’inesausto movimento stupito della sospensione.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Sangue e acqua” di Giovanni Branciforte

 

Il simbolismo pittorico del Branciforte è rituale di partecipazione umana della sofferenza del Cristo, il cui costato trafitto fa dono di sangue e acqua. Questi sono i luoghi paradigmatici dell’amore: il sangue è sacrificio segnico di morte e l’acqua è la vita risorgente all’eternità dello spirito. La crocifissione del Cristo è atto di dedizione estrema che volge alla fonte di vita eterna, perché l’uomo abbia vita chiamandosi nel suo nome. L’acqua è il battesimo che trasforma in luce le tenebre. Così anche l’uomo è agnello che vince la morte e diviene segno del progetto divino: si fa vicendevole dono, vocazione e mani tese alla comunione d’amore, superamento di sé in attesa di verità.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Donna con cesta” di Giovanni Branciforte

 

Il simbolismo del Branciforte avvalora il luogo grembale della donna, in risonanza macrocosmica, a ricetto alchemico, in qualità di athanor di trasmutazione della materia, nella segreta corrispondenza fra la crescita del lapis, nel ritorno alla matrice della caverna cosmica, e il frutto del seno materno. L’accenno su sfondo di una forma piramidale, in egiziano MR, letteralmente luogo di salita, dimensione assiale al sole, allude alla direzione ascensionale di spiritualizzazione, che collega l’atto di volontà direzionale, tutto umano, della clavicola, propriamente chiave del movimento d’ascesa, al raggiungimento dell’onniscienza.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Hermes” di Giovanni Branciforte

 

Omaggio all’ermeneutica, l’opera del Branciforte è simbolo della condizione mediana dell’umano, intento nell’analisi delle orme segniche di passaggio, di attraversamento, di superamento, di transito. È il movimento trasmutativo dalla mancanza del luogo umano alla pienezza del luogo divino, nella congiunzione androgina e individuativa degli opposti, nell’eccedenza alata, nella hybris d’identificazione alla deità.

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