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GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Giuliana Donzello
Non chiedere al poeta
Non chiedere al poeta
da dove salga la sua voce
suoni che nel cammino
esausto s’involano liberati.
Sta dentro versi che sgorgano
sangue per vivere lo spazio
di un foglio bianco, oltre
i giorni che gli son concessi
e gli occhi persi nell’incanto.
S’aggrappa limpido il suo cuore
ai nembi plumbei di cieli immoti
al tenue ricordo di brune foglie
autunnali, aliti lievi disciolti.
Lo trascina incline il tempo
dentro ciò che fu giovinezza,
e il quieto ordine apparente
della vita presente, del peso incauto
di ogni giorno vissuto e perduto.
Nelle mute ore, nei muti istanti
da contorte sillabe scanditi:
fragili foglie molli appese
ad un ramo e prossime a cadere.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Non chiedere al poeta” di Giuliana Donzello
L’inarcatura della parola della Donzello è ricerca dell’origine, al salto nel suono incantato dell’ineffabile. Oltre la dimensione caduca è la sintesi degli opposti dell’umano al naturale, quando il significante si spoglia e la rappresentazione approssima alla volontà di verità, nella sanguigna filiazione del senso, che solo nel divenire stesso eterna il vivere.
Fanciullezza
Fanciullezza, tempo di vita
dentro voli di farfalle trascorso,
nei canori giorni di aprile.
Specchio di piccoli cuori
d’erba luminosa gli occhi
che non sanno nostalgia.
Tempo distratto del frinire
dentro la folta chioma del faggio,
dove si rifugiano le cicale
a intonare il loro ultimo canto.
Tu, fragile creatura paziente, stai
in attesa nella tua solitudine quieta
che l’alzarsi del vento riporti
la voce materna mai spenta.
Nel tuo morbido letto riposi
ignara del galoppo inquieto
della notte, poi spenta dall’alba
nel primo sorriso del sole.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Fanciullezza” di Giuliana Donzello
La parola in canto della Donzello celebra la dimensione di vita diretta e ignara della fanciullezza, che vive della brevità della notte e muore alla prima luce della coscienza. Ogni evento vissuto è già sempre pensato, consegnato alla parola riflessa dal vivere letteralmente aperto dell’aprile fremente, che affida alla solitudine esiliante del segno e all’inguaribile nostalgia.