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Giuliano Scaglione (Giuliano Leandro Loy)

Ti ho cercato

Ti ho cercato, tra le sponde melmose dei fiumi, tra coni umbratili d’alti alberi in filari/

Ti ho cercato, per l’impervie selve al centro di foreste, e in chilometri di tunnel in miniere ormai dismesse/

Ti ho cercato dentro quel sogno in abbandono, nelle attese dell’amore per ogni tua languida passione/

Ti ho cercato nelle alte vette dei nevai dove il cielo tutto intorno crea un fremito d’immenso, e diffonde altra luce risplendente/

Ti ho cercato nella polvere dell’ovvio ciarliero d’ogni rango credulo d’ogni età, oratore sciocco venditore ipocrita di un’altra eternità/

Ti ho trovato per l’innegabilità del tuo splendore giovinezza d’opale sognante, d’esistenza ingenua in crescita arrogante/

Ti amo vita perché giammai negasti al fato d’ogni uomo, il suo gioire il suo patire/

Ti amo dolce Morte più potente d’ogni dolore, più sensata d’ogni livore, di suprema compassione ispiratrice, musa incontrastata dell’eterna libertà/

Critica in semiotica estetica della Poesia “Ti ho cercato” di Giuliano Scaglione (Giuliano Leandro Loy)

 

La parola lanciata di Scaglione si configura in una volontà, nella forza che solleva le forme della vita e del mondo. È una bachelardiana phénoménologie du contre, una rivolta tenace contro ogni limite ad inseguire le figure della conflittualità uomo-materia, per una provocazione di vita. La rêverie della volontà umana si oppone alla resistenza del mondo per una sovranità drammatica, che trova la sua essenza nella bellezza di una finitudine appetente e che riconosce alla morte il senso, l’infinito e la libertà.

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