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Giuseppe Galati

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Madre di montagna” di Giuseppe Galati

 

L’immaginazione simbolica universale del Galati vive la montagna nella poetica spaziale dell’essenzialità, dell’economia del segno e insieme dell’avvicinamento al senso e alle sue contraddizioni. La durezza del territorio conduce ad un’elevazione e ad una sublimazione, che dividono la luce dalle ombre, distillando un senso di stabilità ed immutabilità. Tuttavia il viso femminile che, a fianco alla finestra chiusa, pur partecipa con essa, per metà, all’algido congedo all’inconscio, trattiene, nello stesso equilibrio del silenzio e della quiete, lo sguardo obliquo del timore, che ricorda, al fianco montano cosciente dell’altezza, la voragine.

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Nell’uliveto” di Giuseppe Galati

 

La forma pittorica del Galati è rilevante e piena, l’equilibrio di luci e di ombre dona il tono plastico, che emerge vividi gli aspetti in presenza e proprio attraverso la modulazione tonica l’artista veicola l’emozione della forza e della costanza del movimento e figura l’immagine materna del tempo e della memoria, come ciò stesso che dà forma risultante al presente. È rito tradizionale che lo stesso senso del passato fedelmente gesta alla vita. Il rito del lavoro è all’artista fondamento identitario di condivisione, di appartenenza, di valore profondo, che liricamente sposa l’armonia dei corpi di uomo e di natura.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Al fiume” di Giuseppe Galati

 

L’umida sinestesia pittorica del Galati cerca l’evento in coinonia al mondo, la verità di una coappartenenza archetipica fra la donna e la natura, risalendo al “come” ineffabile del corpo, che precede il “cosa” degli oggetti del pensiero. È l’husserliano mondo della vita, nell’unità sintetica sostanziale del corpo del mondo vivente, che sfuma l’umida immanenza materica, nel movimento all’inconscio del contenimento primario nel grembo materno e naturale. L’artista cerca l’azione vissuta, non rappresentata, al livello emozionale e tonico corporeo, che precede la logica degli abiti linguistici, all’origine del senso nell’unità armonica.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “È primavera” di Giuseppe Galati

 

Il vivo corpo materico della pittura del Galati apre alla sinestesia dei sensi, che lega le percezioni e porta in presenza l’oggettualità assente della rappresentazione. Così nella semplice cura di una donna, rivolta a un vaso di fiori, sboccia la pienezza sensibile di una stagione, poiché il gesto rituale e l’espressione artistica sono l’analogia che cosmologicamente rinnova la vita dell’origine stessa: ciò che conferisce il valore di un senso culturale alla realtà naturale.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Interno con donna al tavolo” di Giuseppe Galati

 

Sostanziale, il simbolismo pittorico del Galati ripone nella temperanza sobria e frugale dell’arredo la connessione diretta alla dimensione essenziale interiore che, spoglia d’impuri orpelli, supera i quattro elementi della materia e la contingenza del tempo lineare, a fiorire, dal grembo di una ciotola matrice, lungo l’ascesi rivolta della viriditas, il luogo spirituale, divino e sublime d’aurea quintessenza eterna del senso del vivere. 

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Luna triste” di Giuseppe Galati

 

Alla finestra segnica e vessata del Galati, sguardo di finitudine romantica dell’uomo, si rappresenta la dimensione ad eco di rimando, il riflesso secondo e speculare dell’illusione lunare, che non è più e non è ancora, che commuove, dolcemente e tristemente, alla verità della luce prima e solare, sulla polvere umbratile dei sensi. La luna, come un pensiero orfico sospeso e reciso, è la musica, che continua a suonare il corpo intero della vita.

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