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Giuseppe Melardi

Veduta

Occhi dipinti nell’aureola di luce

accarezzano sogni che indugiano

sopra floride steppe.

Nascenti giorni, fluenti, che approdano,

quali onde spumose, su rive deserte.

E sono le rose, le magnolie carnose,

le umili zagare e le variegate orchidee

a tappezzare maree

nell’orgia di profumi erompenti.

Ogni fiore un tassello a comporre

il mosaico della vita sulla pagina bianca

e sopra lo scuro risvolto.

Amori e dolori, passioni e rimpianti:

un fiume che scorre tra radure e dirupi,

un’acqua che scroscia dalla fonte alla foce.

La quiete, l’oblio, il risveglio e la vita.

Il segno, il presagio, l’incanto e la morte.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Veduta” di Giuseppe Melardi

 

Ben oltre che una descrizione paesaggistica, la veduta del Melardi è la fenomenologia di una Weltanschauung, di una filosofica visione del mondo. La coscienza è una sovranità limitata: la norma sovrana dell’identità necessita

del rovescio ironico del giullaresco ludibrio dello scacco e dell’apertura, che crea l’aspetto eracliteo e diveniente

del gioco dell’essersi, nell’alternarsi dialettico dei poli oppositivi. L’umano è al poeta distanza e differenza e insieme sostanza e continuazione in sinestesia: permanere in figura, che declina l’eccedenza della vita nella morte.

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