

GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Giuseppina Crifasi
Metamorfosi
Quando nacqui
ero un cespuglio assetato
nella rossa terra,
i gelsomini vegliavano
all’ombra dell’attesa
ruscelli azzurri scivolavano quieti,
ebbri di danze primaverili
e grida di storni.
Ero la conchiglia chiusa
della tua assenza,
le stagioni mute sfioravano il deserto,
di fatui riflessi brillava
talvolta il mio paesaggio.
Dov’eri prima d’ amarmi,
soavità di cigno e di farfalla,
tenerezza di occhi stellati?
Dove erravano i rami
del mio corpo silvano
cercando il fiore, l’ape,
il vento propagatore d’aromi,
là nascondevi il tuo sguardo e la mia estate.
Finchè un brivido percorse il sentiero,
palpiti sotterranei ci unirono come radici
e non fummo, tu ed io, che un solo albero,
tra voli di rondini.
(per la nascita della mia bambina)
Critica in semiotica estetica della Poesia “Metamorfosi” di Giuseppina Crifasi
La melodia poetica della Crifasi apre le volute del desiderio al divenire, come iniziazione per la propria conquista di vita eterna, transvalutazione nelle figure della stirpe della verità. Ogni identità è attesa alla poetessa, è presenza
di un’assenza, è riflesso, che ad altro rinvia per il senso di sé, fino alla morte nell’anonimia emozionale, evento che riporta al continuum con l’alterità e che congiunge all’oggetto del desiderio, per rinascere al nuovo nome, nella nuova declinazione della vita fra migrazioni di forme, a rituale di affrancamento dalla morte.
M'innamorai
M’innamorai
precipitando nei tuoi occhi,
abissi alieni
dove cercavo barlumi
di luce ed anima.
E intanto la vita scorreva
in quotidiani rivoli
di deluse speranze
dove galleggiavano, a volte,
rare ninfee bianche
di innocente stupore
quando un tuo abbraccio
mi imprigionava.
Ed ora che anche il sole è diverso,
impallidito da smog
e nuvole chimiche,
ora che anche il tuo viso
è un ricordo evanescente
e ormai rughe e lacrime
hanno creato solchi nel cuore,
riaffiori talvolta all’improvviso,
in un sogno, un pensiero,
una canzone antica
e in quei momenti comprendo
la meraviglia
dell’esser caduta, quel giorno,
in quella tempesta cosmica,
in quell’abisso alieno
che è stato il nostro amore.
Critica in semiotica estetica della Poesia “M’innamorai” di Giuseppina Crifasi
La parola delicata e discendente della Crifasi si abbandona alla natura costitutiva del sentimento d’amore. L’identificazione al luogo della differenza è sempre la sostanza permanente che riempie l’identità, nel processo naturalmente alienante di un’alterità stessa dell’io: c’è riapertura di un precipitato di identità in amore, per cui l’altro diviene veicolo di sé e dona progetto, direzione, trascendenza alla mancanza ad essere del soggetto. L’amante vive per essere riflesso negli occhi dell’altro, per essere riconosciuto e anche qualora separino le circostanze della vita, mai tramonta la meraviglia della memoria del dono del riconoscimento.
Vivrò
La tua voce somiglia
all’alito caldo del vento
sui campi di ginestre
splendenti di giallo ed oro
e un’eco attraversa
il mare che ci divide,
percuote conchiglie
sepolte dalla sabbia
come lo fu il mio cuore
prima di te.
Vibrando, le sue corde suonano
chitarre di nostalgia
e note dolci di sogno
in fondo all’anima mia.
La tua assenza mi urla dentro
più forte delle parole che dici
e quelle che non mi dici
scavano solchi invisibili,
dolci e sensuali parole
sempre troppo distanti,
parole che come il vento corrono
sul mare della lontananza,
tolgono il fiato
e strappano sulle onde azzurre
bianche vele ormai logore
da anni di tempeste.
Vivrò per ascoltare la tua voce
per tanto tempo ancora,
finché per me ci saranno
il sole, il mare e il vento
a ricordarmela sempre,
come un rimpianto senza fine
o una sottile speranza.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Vivrò” di Giuseppina Crifasi
Dolce ed emotiva, la parola della Crifasi disegna la melodia aerea dell’amore, che affida alla voce amata il moto del desiderio
di una mancanza ad essere, che cerca di sé, sospinta dall’urgenza dell’altro e rinuncia alla direzione della mente.
La vita è la linea estensiva di retroflessione e anteflessione dell’evento d’amore. Si apre così un nuovo modo di incontrare
il mondo e un nuovo senso di sé e del mondo, che tutto riconfigura, metaforizzando l’evento.
Il corpo della vita sarà movimento, fra il “rimpianto” della distanza da un’origine e la “speranza” che volge alla destinazione, segno del transito di senso.
Il mio amore è una casa
Il mio amore è una casa:
finestre i tuoi occhi aperti al mondo,
un tetto di tegole robuste
copre col suo abbraccio
le crepe e i distacchi del tempo.
Dalla porta entrano ed escono sorrisi
come raggi di sole
ed amo distendermi
su un pavimento
lastricato di sogni,
un tappeto caldo dei baci
che non ti ho ancora dato
e che conservo per te,
per questo amore
che come una casa cresce
su fondamenta di dolore,
con muri che sembrano
amplessi disperati
per restare eretti,
per non dimenticare,
per non cadere mai,
eterne vestigia
di un amore senza fine.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Il mio amore è una casa” di Giuseppina Crifasi
Verace, la parola della Crifasi abita l’amore, che immilla i luoghi di giaciglio al sentimento e vive del tetto di un abbraccio e cammina sui sogni. L’uomo stesso è segno dolente, luogo rituale di una mancanza, che innumerevolmente stringe l’oggetto d’amore, come essere che significa il divenire, perché l’evento d’amore tutto riconfigura a metafora memoriale di un infinito.
Poesia triste
Chi mi ha rubato la tua voce amata?
Non ho più per me
quel luogo incantato
dove mi regalavi musica e parole
nate dalle tue labbra
per nutrirmi l’anima.
Senza te si è raggelato il vento,
si è fermato il battito del mio strumento,
senza più lo spartito
di un concerto infinito
che mi faceva vivere e vibrare.
Note armoniose mi hanno accompagnato
in uno spazio e tempo che non può tornare;
mentre ti aspetto
la tua armonia risuona nella mia mente
e diventa assordante
questa nostalgia.
Rincorrerò il ricordo della tua voce
in ogni suono del mare
e nel sospiro del vento,
nelle canzoni d’amore che ascolterò per te,
come una dedica o una preghiera,
finché verrà la sera,
quando sarà il tuo nome
l’ultimo mio respiro.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Poesia triste” di Giuseppina Crifasi
È triste il sentimento della Crifasi nel senso archetipico del termine sanscrito, che connota la ruvidità al tatto della coscienza di una realtà aspra, poiché scabrosamente deprivata dall’armonia lieve e piana della sintesi leviga che fonde, sognante, l’amante all’amato. L’attesa definisce l’uomo in una dedica, in un’offerta che brucia di se stesso sull’altare della parola, in una preghiera che solleva la domanda disperata di un infinito perduto, finanche l’ultimo respiro sia il suo nome, a riconoscersi nell’altro.
Dono d’amore
Quando rompi il tuo silenzio
con la voce dei tuoi pensieri
si apre un melograno di parole,
rosse gemme brillanti sulle tue labbra
che arrivano alle mie
con i raggi del sole che le ha nutrite,
il sole della tua terra,
il mare che ti circonda,
l’alito del vento che giunge fino a me
umido di lacrime e nostalgia
ma che porta con sé il tuo profumo
per inondarmi l’anima
di essenze di puro amore.
Quello che non muore
perché è nato in una dimensione
al di là del tempo e dello spazio,
lontano dalla realtà terrena
che tutto consuma e divora
nell’egoismo umano.
L’amore che è un dono
e non una pretesa:
quello che resta per sempre.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Dono d’amore” di Giuseppina Crifasi
Con profonda semplicità, la parola dedita della Crifasi è essa stessa simbolo d’amore, a raccogliere nel luogo della melagrana il senso del divenire infinito del vivere. Dalla morte alla rinascita è la discesa persefoniana, alla latenza algida degli inferi, che rigenera la primavera della sinestesia dei sensi, della continuità della presenza. Così la poetessa vive l’eternità dell’amore alla sinfonia del grembo della terra, che non conosce pretese di perdita, che sempre elargisce nuovo seme, nuova parola di vita..
Ogni volta
Ogni volta che ascolto la tua voce
una luce si accende nei miei occhi
e un’armonia che profuma di te
mi accarezza il cuore.
Dalle mie rose, che porti nel tuo nome,
non cadono più i petali
ora che il tempo è fermo alle tue mani
che sogno sulle mie.
Come quel giorno in cui me le stringevi
e mi facevi volare nell’azzurro
come rondine assetata di cielo.
Non sarai mai un ricordo né un rimpianto,
ma sempre gioia e generosi abbracci
che mi terranno legata a te ogni istante:
a te che hai spogliato la mia anima
e le hai donato quel verde brivido
che fa sbocciare i fiori.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Ogni volta” di Giuseppina Crifasi
Istante ed eterno lega la parola sinestesica della Crifasi, a reificare la presenza del perduto. I sensi della poetessa sono pieni, liberi, innaturati, il nome amato sconfina dalla sua finitudine esistenziale, trova l’evento primo e fremente che rifonde ogni distanza e il valore sempiterno dell’oggetto d’amore.