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Graziella Castelli

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Desertificazione” di Graziella Castelli

 

La visione sensibile della Castelli partecipa della dimensione ambientale, denunciando la coappartenenza sostanziale della pelle umana alla pelle del mondo. La sinestesia epidermica della essiccazione, dell’espoliazione, del declino, della disgregazione, conseguente la privazione dell’irrorante lambire dell’elemento acqueo, del grembo stesso della vita, ascolta l’inesorabilità irreversibile del ritorno passivo all’inorganico, per esorcizzare il vissuto di nigredo planetaria e scuotere l’etica di una rinnovata nascita

di coscienza.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Forma aliena” di Graziella Castelli

 

L’iridescente scultura in creta smaltata della Castelli evoca ciò che è letteralmente altro, estraneo, avverso. Il fenomeno di estraniazione denota la degenerazione alienante che separa l’uomo dalla natura, quando la condizione primigenia è invece la continuità essente di una coappartenenza inscindibile. L’uomo contemporaneo tradisce la sintesi originaria al luogo materno e naturale e si pone quale tesi di un’antitesi, nell’atto di una lacerante opposizione, che sospinge infino alla rimozione dell’alterità per l’affermazione dell’identità, a creare la minaccia indomita di un ritorno avverso.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Dopo l'incendio” di Graziella Castelli

 

A fondamento di un’etica profonda, la tempera della Castelli trasforma finanche la rovina ardente del bosco nel canto dell’essenza unitaria della vita. La natura è luogo di nascita, di morte e di rinnovamento, ove il divenire in fenomenica apparenza è latore di una segreta, unica ed essente armonia: un madido respiro animistico, una levante sonorità originaria, sorda all’abitudine cosciente. L’artista disvela la meraviglia dell’infinità, che apre al tempo ciclico di rigenerazione e afferma la potenza inalienabile della metamorfosi vitalistica universale.

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