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Imma Melcarne

Luna settembrina

Nell’ombreggiar 

del burrascoso cielo

tra spifferi di vento

che rendono gli alberi

ondeggianti,

m’appari tu tondeggiante

e furtiva, timidamente

luna settembrina!

Sbircio di sott’occhi

l’ombra tua danzante

schivando lo sguardo

di un amante

e taciturna e mesta

quasi fossi deplorata

e lesta… solchi

il tuo cammino

fino a scomparir

dietro una coltre scura.

Guardando te

io non mi sento

completamente sola,

né brividi sento per

tutto il corpo;

trattengo il fiato come

se fosse morto…

e insieme a te sparisco

senza far rumore

e nessun s’accorge

dell’ombra mia incolore!

Critica in semiotica estetica della Poesia “Luna Settembrina” di Imma Melcarne

 

La parola fugace e meravigliante della Melcarne non descrive, ma solleva sensazioni aeree, a mescere alito umano

e naturale, in un soffio intimo e animistico. La poetessa si riconosce allo sguardo della luce lunare: le rappresentazioni,

umana e selenica, si trovano nel chiasmo amante, nel movimento unico. La finitudine si specchia, ma nel trascendimento di sé alla natura, nell’estasi dell’abbraccio dell’ombra alla notte, trova la sua infinità.

Burrasca sotto la pineta

Spirava forte la burrasca

da ponente…

gli alti giganti si piegavano

incurvandosi tra loro

come per abbracciarsi…

senza mai riuscire

nell’intento,

perché il vento

li staccava

portandoli sempre

per lo stesso verso.

Mentre lo scricchiolio

delle vecchie braccia

si faceva sentire ora

a destra

e ora a sinistra

nell’impatto con i coni secchi

che attaccati come bimbi

alla gonnella

si urtavano tra loro

ondeggiando tra i flutti

trasportati

dall’incalzante forza

della corrente.

E più sottostante…

il mare arrabbiato

fluttuava anch’esso

lanciando alte spume bianche

che dal basso risalivano

fino a confondersi in un tutt’uno!

Critica in semiotica estetica della Poesia “Burrasca sotto la pineta” di Imma Melcarne

 

La parola semplice e narrante della Melcarne dipinge la natura con le immagini dei sensi,

tuttavia la dimensione essoterica del racconto rituale cela e insieme disvela,

nell’interiezione finale del vissuto di bellezza armonica, il senso profondo e archetipico dell’individuazione, nella sintesi del simbolo inconscio del mare al simbolo cosciente delle fronde.

L’unità psicofisica è valore universale di un dialogo aperto e flessibile dell’io con il sostrato inconscio,

per un’infinita possibilità di essere.

L'animo insonne

Spire di vento

sussurrano

frasi sconnesse

fra i rami

degli alberi in fiore

e nei dorati riflessi

di un tiepido sole

si staglia il tuo volto 

di madre

ricolmo d’amore.

Ricordi lontani

in memori plessi

che giacciono remoti

e nascosti,

non riposa la mente,

non ha tregua

il mio cuore;

sono fiorite le rose,

sono spuntate le viole.

Sotto il cielo terso

si stagliano i tetti

e le nuvole bianche

disegnano

profili di volti.

Nostalgici anfratti

nelle forbite spire

di un animo insonne

Critica in semiotica estetica della Poesia “L'animo insonne” di Imma Melcarne

 

La parola levata della Melcarne animisticamente confonde spirito umano e vento naturale, nella danza emotiva che precede l’espressione e congiunge apparizioni vicine e lontane, presenti e assenti, in spiranti anelli invisibili e nuziali di senso. Dai segreti sensoriali del grembo terrestre ai luoghi affettivi del grembo materno, tutto è un primaverile risveglio dell’anima.

Nell'infinito

Nell’infinito 

si espandono

i colori della vita

in un misto di sfumature

ondeggianti e di cupi

rimbombi in un

balenare di attimi

fuggenti…

che si perdono

negli abissi roventi.

Nell’infinito

vagano le menti

e si aggrappano

su scogli opalescenti

fin che stremate

si abbandonano

alla corrente affamata

e si lasciano

trasportare lontano

nell’ignoto orizzonte.

E non c’è tregua

che possa fermare

la furia impazzita

mentre i colori si

alternano

si avviluppano

s’intrecciano

sfumano si

avvampano

sbiadiscono

si abbracciano

si scontrano

all’infinito…

e tutto… diventa

misterioso e arcano!...

Critica in semiotica estetica della Poesia “Nell'infinito” di Imma Melcarne

 

Echeggiante, la parola della Melcarne rispecchia la dimensione seconda dell’uomo, segno di un rimando oggettuale irraggiungibile. Tuttavia, la poetessa scopre del colore l’istanza emotiva, il passo di verità, di un processo dialettico che abbandona le certezze effimere e anela alla sintesi degli opposti, all’infinito. L’inconoscibile è meta del divenire della vita: il mistero è inaccessibile, eppure al contempo è partecipato segretamente e inconsciamente dall’uomo che fa arte con la bellezza emotiva del vivere.

Silenziosa la notte

Silenziosa mi avvolge
la notte…
nello scorrere
dei taciti pensieri
che racchiudo
nella mia mente
in attesa del sorgere
del nuovo giorno
quando più chiaro
e nitido m’appare
il mondo intorno
e il cielo si illumina
di luce nuova.
Farà il tempo guarire
la ferita che
sanguina ancora,
o la sofferenza
sarà sempre più intensa
compagna e complice
della mia esistenza?
Ogni tanto volgo
in alto lo sguardo
e sbircio una stella
che mi sorride…
mi inebrio della sua
tremula luce
e il mio animo
se ne compiace!
Ma poi quasi sempre
una nuvola scura
le si para davanti
e la stella svanisce,
mi rimane solo
lo strascico
della sua flebile luce!

Critica in semiotica estetica della Poesia “Silenziosa la notte” di Imma Melcarne

 

In intimo soliloquio, la parola della Melcarne affida dolcemente alla notte il sentire ineffabile per sorgere con la luce rinnovato il pensiero. La poetessa cerca alle stelle il riguardo dello sguardo, la risposta in chiasmo alla domanda essente dell’esistenza: una meraviglia inaudibile, se non all’eco di ciò che non è già più, smarrita e ritrovata alla sinestesia dei sensi, infinitamente.

Scende la notte

Scende la notte…
un’altra notte ancora 
saluta il giorno che muore
nel silenzio che invade
i miei pensieri… e intorno
il nulla che mi circonda.
Guardo le stelle che brillano
in cielo, mute, silenziose, lontane;
piccoli puntini lucenti sparsi
nell’universo… ed io
immobile mi perdo con la mente
e ripercorro i ricordi a ritroso,
mentre il vento mi sfiora il viso
e intanto chiudo gli occhi
e cerco il tuo volto!
Rivedo i tuoi gesti e m’illudo
di averti ancora vicino…
poi aspetto che arrivi il domani
per ricominciare un nuovo giorno
cercando di dare ancora un senso 
a ciò che è rimasto del nostro vissuto!
E guardo il cielo plumbeo
d’autunno… cercando tra le nuvole
un profilo che ti somigli.
Non più materia… ma
sprazzi d’alito che si dilatano
e mi trasportano lontano
dove non conta il tempo…
tra il reale e l’agognato
tra i sogni che non ho mai
realizzato, 
ed or solinga sono qui
ad assaporar la brezza
che sa di mosto
dal mio angolo di mondo
rimasto sempre allo stesso posto!

Critica in semiotica estetica della Poesia “Scende la notte” di Imma Melcarne

 

Profondamente riposta, la parola della Melcarne si affida alla natura per il completamento di sé, a percorrere a ritroso la memoria sino all’immemoriale vita delle stelle. Il dire si fa silenzio, il tempo curva nel cerchio delle stagioni, così che l’assenza ritorna in presenza, a cercare un senso nuovo del sentire con la nuova luce. La poetessa sublima la materia in spirito, per una rinnovata prospettiva del medesimo.

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