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GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Isabella Angelini
Critica in semiotica estetica dell’Opera “Il Cammino di Santiago de Compostela” di Isabella Angelini
L’onirismo simbolico della Angelini è sospensione spazio-temporale nell’intensità sintetica di un senso cosmogonico. La costituzione segnica dell’umano è tensione labirintica di un viaggio ermeneutico:
è la soglia di attraversamento, dalla parola della humanitas, alla verità della vita instante della divina animalitas. La prima relazione segnica si fonda nell’esperienza del sacro e sacrificare è deporre il segno
per l’oggetto di vita eterna, ove il segno è impronta della verità e verità stessa nel processo alchemico,
oltre la morte della finitudine.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “Noi siamo vento…” di Isabella Angelini
La pittorica notturna, onirica e configurante della Angelini attinge ad un simbolismo profondo, archetipico ed universale, che compone armoniche e sorprendenti prospettive dei luoghi dell’essere, tutto nel respiro unico dell’umano alla natura. Il vento è apeiron, l’indefinito ed indistinto, da cui tutto proviene e a cui tutto ritorna. La dimensione erratica dell’airone è luogo del transito alchemico, dal bacino acqueo inconscio della nigredo, al lucore risorgente dell’albedo, connubio degli opposti in movimento, fino alla rivelazione di scelta della citrinitas e alla rubedo della volontà di vita, che l’artista afferma nell’atto algido e bruciante del respiro aereo immortale. In una condizione di sostanziale perdita alla presenza instante e immemoriale della totalità della vita, l’unico appiglio mutevole della coscienza sono i fugaci frammenti a supporto dell’immaginazione: vite come piume o petali, segni specchianti del movimento invisibile che solleva, fragili e inafferrabili, i luoghi dei sensi.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “Porte Solstiziali” di Isabella Angelini
Il simbolismo della Angelini è un fingo ergo est, che partecipa della creazione cosmica. I simboli sono soglie d’accesso per i rituali d’iniziazione dell’uomo alla verità, lungo le fasi alchemiche di trasmutazione nell’athanòr dell’arte, dalla nigredo della morte, all’albedo della resurrezione della luce. È il passaggio dell’uomo all’aurea visione della conoscenza della propria origine, che supera le limitazioni d’infrante prospettive e riconosce la propria nascita dalle ceneri dei titani fagocitanti il dio, a serbare della verità una costitutiva inscindibile compresenza di divina essenza e di animalità.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “Tiphareth” di Isabella Angelini
Il simbolismo mistico della Angelini si sospinge al centro dell’albero della vita, in equilibrio fra assorbimento e cessione generosa, a ricercare il senso della bellezza nella manifestazione della scintilla divina, nella verità. È la porta fra tempo ed eternità, fra molteplicità ed unità: armonia e integrazione degli opposti, che si colloca nel cuore redentore, al luogo di trasmutazione alchemica. È il sacrificio che libera la forza dalla forma e che conduce all’esperienza trascendentale della conoscenza: il pellicano incarna il dono supremo di sangue e di acqua, la purificazione della corruzione materiale e la fonte stessa della vita.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “Ciò che ci unisce e ciò che incatena” di Isabella Angelini
Il viaggio onirico della Angelini sospinge l’ontogenesi nel valore di una ricapitolazione filogenetica e di un legame armonico di cosmogenesi. L’artista chiama la specie umana a liberarsi dal tempo lineare e ad aprirsi ad uno stadio di conoscenza superiore, che comprenda e che accolga le immagini originarie e metaindividuali nella rinascita in ogni uomo. È esortazione alla provenienza dall’ombra materiale comune e al fiorire spirituale, percorrendo il cammino individuativo di sintesi alchemica a nuova consapevolezza, perché ognuno operi alla presentificazione di una verità universale.
Critica in semiotica estetica dell’Opera “Che cos'è un'ape” di Isabella Angelini
Il segreto iridato dell’opera dell’Angelini è il senso: l’oro ulteriore dello spazio fra medesimezza e alterità. Come i neuroni cerebrali, le celle esagonali dell’alveare sono un frattale, una ripetizione variata: è fra coscienza e inconscio l’eternante messa in opera della verità delle api, a secernere il sapere dal sapore. Il movimento metaforico dell’apis mellifera è eterna rinascita della natura e il luogo che rifonde unitaria la totalità è la dimensione relazionale.