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Leonardo Rossi

La frescura

Silvestre, pel giardino, un lucore

novo spandeasi dai lilla paonazzi

delle cime fiorite, e tu, liquore,

su le mie labbra, folgoravi di sprazzi

 

bigi e turchini vivi, come rami fioriti

di seta cangiante e viva. Di Babilonia

i salici stavano cheti e arricchiti

del fulgore di madreperla d’Eliconia:

 

una vita mobile, di pianto arboreo,

che in quella selva delicata lionava

il tuo corpo nell’oro morente, aereo

 

ritratto di una visione maliosa, immota

incantevole e senza realità di sogno

piena di quel sogno che m’innova.

Critica in semiotica estetica della Poesia “La frescura” di Leonardo Rossi

 

Sensuale e sublimante al contempo, la parola amante e vivida del Rossi celebra il connubio del molle e seducente ricetto dell’ombra con la luce ignea e obriza. È la rêverie profonda che accoglie dal corpo della donna al grembo della natura, per il tramonto e la palingenesi della coscienza. La giovinezza aspersa d’umori si riconosce nell’archetipo dell’acqua limpida, fonte della poesia, struggimento liquido e ardente della forma al sentimento, malia di una totalità connaturata, nella malinconia del ritorno all’origine, che la finitudine molce e rinnova.

Sonetto II

Umida. Ti inghiotte. Poi spuma. Tu

schiuma di flutto io sale di mare.

Lenta alza al vento il glauco ciglio più

sfocato e da lunge viene a bagnare

 

il cielo che così si infiora di azzurro,

dimenticando i poli e i voli tutti

e i venti e le stelle, il corpo di burro,

che si gonfia in questi lattei flutti,

 

dimentico di sé e di me, si scorda

ogni nota e scivola dileguando

in umido barbaglio: che ricorda

 

a codesto mare immortale

che onda per onda il tempo varia

per l’aria essendo un suono celestiale.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Sonetto II” di Leonardo Rossi

 

L’amante alchimia della parola del Rossi vela e disvela la sintesi degli opposti, un femminile acqueo e un maschile salino nella verità intima della vita fremente, fra solvimento e plasmazione, a compiere l’opera di morte del principio individuationis, per la presentazione diretta all’anonimia plurale e unitaria di una memoria immemoriale. Il sapere rinascente dall’indistinzione dell’eros è suono celestiale.

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