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Lorenzo Bruschini

Viaggio a Hierapytna-Delfi

Via da Delfi verso Tebe,  

ma qui lascio un poco del mio spirito antico,

libero le ombre e lotto con la sfinge

e sono io stesso la sfinge ed il nemico.

 

L'orizzonte verso cui conduce

come una linea di fuga

la colonna  antica che ho visto in sogno

è Creta, ma a Delfi

 

una nuvola mi è passata accanto

nel chiaroscuro che precede l'alba

e aveva come un segreto linguaggio,

come il vento leggero,

 

a un tratto sibilante e minaccioso,

che ieri fra gli arbusti

mi ha parlato di presenze aeree.

 

Da qui da Delfi

la città dai due gatti simili a sfingi

protetti da Atena

godiamo dello spettacolo luminoso

senza proferire parola

 

il silenzio è la chiave

 

il silenzio e la notte

Critica in semiotica estetica della Poesia “Viaggio a Hierapytna-Delfi” di Lorenzo Bruschini

 

Densa di mistero, la parola alchemica e iniziatica del Bruschini è rituale di congiunzione degli opposti per la conoscenza. La dialettica fra bene e male è interiorizzata e superata, al di là del bene e del male, nella consustanziazione di dionisiaco ed apollineo, di domanda e di risposta: è il descensus ad inferos della scienza. Per l’ontogenesi la parola è ricondotta indietro al silenzio, oltre la soglia dell’umano,

al teriomorfo aleph dionisiaco, come umbratile rovescio dell’alfabeto del sapere, nella presenza instante al suono del mondo, a sfidare il labirinto dell’inconscio, per la filosofia.

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