​
GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Luca Benatti
Ch'io possa ancor intravedere l'alba
Ho perso la voglia di rimanere in piedi,
cieche memorie
si intarsiano di parole.
Ingabbiati orli succinti
sono ombre di velate offese,
ho perso liete parole
che verdeggiavano su crinali d’alba
portandomi tramonti incantati.
Che d’io possa ancor
intravedere i tuoi occhi
in questi angusti angoli oscuri
nei tessuti portati a bocca,
nelle tetre dimore del tuo io
or portami luce
abbandona quell’oscura vanità
e inonda di pieno sole
gli angoli oscuri della mia mente.
Ch’io possa graziar le tue membra
al color fugace,
di te che porgi la mia velata tristezza;
ho arso tra pieghe infauste
di questo inquieto mio vagare.
Regna mia soave scrivente
tu, si tu, ancora tu,
a infliggere questo mio tormento
solchi di muri divisori
che porgano le tue assenze.
No! No, che esso sia
la fine del mio canto
nelle tue mani.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Ch'io possa ancor intravedere l'alba” di Luca Benatti
Rivolta e straziata, la parola del Benatti mostra tutta la tensione dell’uomo al desiderio, che è sofferenza e separazione e rimando ineludibile. Alba, occhi, luogo d’amore e luogo divino sono la proiezione inesausta e al contempo disperata dell’io, ove la volontà non solo si vela della rappresentazione, ma cieca si cela dietro un sipario fisico nel segno di un dolore universale, lo stesso che riconosce il senso della parola nello spazio del dono, nel movimento volto al ricetto dell’altro.