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Lucia Tamburrini

Notte

O Notte, silenziosa dea,

che i campi e le selve d’ombra rivesti,

 

tu che alla fatica umana concedi tregua,

e ai pensieri più foschi dolce oblio.

 

Sotto il tuo manto oscuro il mondo tace,

non più risuona il suono della vita,

 

né il canto lieto dell’alata stirpe,

né il riso d’infanti lieti e ignari.

 

Sol l’anima, mesta, in te si specchia,

nel profondo abisso delle stelle erranti,

 

ove l’uomo, frale e solingo,

cerca invano un senso al dolor terreno.

 

Eppur tu, madre di sogni e visioni,

sei conforto al vagabondo cuore,

 

che nell’ombra trova la dolcezza,

d’un infinito quieto e immutabile.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Notte” di Lucia Tamburrini

 

La parola in canto della Tamburrini celebra la notte in tutto il suo valore simbolico profondo di un descensus archetipico. È un viaggio interiore, che reintegra la morte, la negazione, la differenza, la mancanza, il dolore, la solitudine, la fragilità, la perdita, nell’abbraccio armonico di opposti, nel legame fra finitudine e infinito, fra divenire ed essere, fra coscienza ed inconscio, per la ricerca di senso.

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