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GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Luciano Giovannini
Con le mani giunte
Sul bagnasciuga dei miei anni
s'ode il ruggente respiro dell'odorosa schiuma
e l'eco ingarbugliata di sogni e strali.
E io cammino su quella eterea sabbia
con i piedi nudi e le mani giunte
cercando un segno del tuo ritorno,
tu, che partisti un giorno senza rimpianti
e che abbracciasti il mare
come s’abbraccia un figlio
quando è tardi e si va a dormire.
Vorrei fosse un lampo a riportarti indietro
e non m'importa sotto quale forma,
la materia muta e il tempo vola
forse sarai fiore o semplicemente grano
ma io accarezzerò il tuo stelo
e dolce lo poggerò
sul mio bianco seno.
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(From Mary Shelley to P.B. Shelley)
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Critica in semiotica estetica della Poesia “Con le mani giunte” di Luciano Giovannini
Celebrante, la parola del Giovannini omaggia un amore che supera la dimensione individuale e contingente, per l’abbraccio elementare e cosmico di una panica e romantica malinconia. Il vissuto diviene universale, compreso e abbracciato dalla natura, per sublimazione. Oltre la forma e il tempo, il rituale eternante della rêverie d’amore avvalora l’assenza, che si significa e radica una presentificazione nella terra feconda dei sensi.
11 febbraio, la valle e l'aurora
Sylvia, me ne vado
e lo faccio senza far rumore
come fossi nube o polline di maggio,
una goccia di rugiada,
la neve o un raggio.
Me ne vado
perché son satura di pioggia fino al cuore,
lascio al vento i miei sogni,
le mie ottave e il mio tremore.
Me ne vado,
volo via da questo mondo
che si esprime solo in prosa,
e diverrò eterna come un verso,
come una rosa.
Sylvia presto saremo intrecciate
come fili di cotone
e ogni nostro sentire si farà parola,
tu sarai valle ed io l’aurora.
Perdonatemi, perdonatemi,
perdonatemi,
vi amo.
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(Ad Amelia Rosselli, musicista, poetessa e traduttrice dell’opera di Sylvia Plath alla quale si sentiva intellettualmente ed emotivamente legata. Entrambe morirono per suicidio l’11 febbraio, nel 1963 la Plath, nel 1996 la Rosselli.)
Critica in semiotica estetica della Poesia “11 febbraio, la valle e l'aurora” di Luciano Giovannini
In carezza rimata, la parola del Giovannini canta il sentimento imperituro, oltre il tramonto della vita. A ritrovare la luce diretta della presenza, il fiorire eterno della continuità di senso, oltre la finitudine della prosa è l’infinita metafora della poesia in abbraccio al mondo, che ricuce ogni rimando, distanza e assenza nel respiro unico dell’essere che lega ed esprime tutte le cose.