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Luciano Postogna

Passaggio

All’affievolir del giorno

posa il tramonto le scarlatte mani

sui serici capelli della sera,

sulle onde all’orizzonte

e sul mio fremente cuore.

Nel silente passaggio quotidiano

ancor volano le rondini

a ricordar che siamo in primavera.

Fantasie di ombre e di profumi

accolgono pian piano

il fievole accendersi di stelle

foriere dell’imminente notte.

Pallida la luna il mio viso imbianca.

Sopra le acque chete

la notte stende il manto

mentre sul lungomare scalpita

un sinuoso cavallo bianco

che nitrendo s’allontana.

Ora il silenzio impera

e nella mia mente attenta

l’eterno e l’infinito colgo.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Passaggio” di Luciano Postogna

 

La fucina del tramonto del Postogna è luogo alchemico del passaggio, l’uomo è passus, participio passato di pandere, nel valore di varcare e di rivelare, passar di giorno in notte è paradigma del declino degli anni e del passar di vita. Si è in passando, dalla finitudine all’eterna primavera dell’infinito. La rêverie profondissima delle acque lega un’origine e un senso comune delle immagini di madre, di mare, di cavalla e di morte, per un transito nel grembo della vita eterna, alla libertà dello stato naturale e selvaggio.

Fugge la sera

Avanza la sera

nell’androne occultato

dalla giornata di pietra.

 

Sulla valle

aleggian gli uccelli

e germoglia il grano

nel rosso d’un giorno maturo

sotto un cielo morente.

 

Colgo il vento nelle mani

che sa d’ali di fringuello,

ardenti ceppi

e dormienti mughetti.

 

Sulla valle

di polvere i sentieri

cespugli ingialliti

volano i falchi

in cerca di serpi.

 

Le mani mi vibrano

come ali di farfalla.

 

Or fugge la sera

con l’errante cornacchia

che gracchia noiosa

sul ramo seccato

d’un olmo stravecchio.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Fugge la sera” di Luciano Postogna

 

Sensoriale e allitterante, la parola del Postogna canta della brevità della vita, che ne accresce sensibilmente il senso e il valore. Le mani del poeta come ali di farfalla sono a cogliere la sintesi degli opposti del divenire fuggente, che non integrano se non nell’olmo, che dal sanscrito brucia, a seccare il divenire all’essere.

Quando il sole riposa

Quando il sole riposa
tra le creste dei flutti
e come corolle le tinge di rosso,
in quei pochi minuti
m’arrendo,
rilascio le membra,
riposo la mente
e mi libero dalle ansie incombenti.
Così incedono i felici pensieri
e i ricordi più belli.
Tra le bianche scogliere
il mio corpo si perde.
Mi concedo alle carezze del vento
e al fresco aleggiare
degli olezzi di mare,
dove aspergini
di stille brillanti, 
diffusi dall’infranta risacca,
m’imperlano il viso.
In quei brevi momenti
di orizzonti vermigli,
sotto il cielo solcato
da voli maestosi 
di bianchi gabbiani,
mi consola il pensare
a un tramonto foriero 
di futuri sereni
e privo di tristi presagi.

 

​

Critica in semiotica estetica della Poesia “Quando il sole riposa” di Luciano Postogna

 

Distende la parola del Postogna, oltre i confini a fondere la continuità aperta dell’uomo alla natura, suggello sponsale ai quattro elementi. Il poeta si libera al rituale unico, umano e cosmico, di tramonto e di rinascita, al fiorire che affida alla consolazione serena del tempo circolare eternamente ritornante, al tempo di senso.

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