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Luisa Di Francesco

Madre, sarà primavera

Non so perché sarà primavera

dove hai poggiato il tuo passo

sull’erba incroci di vita

su lampi e rimbombi

matasse come tela di ragno

in nodi di dolce ricordo

viaggi e ritorni

trame di gioia - nei sogni -

 

Non so perché

s’arresta la preghiera di un istante

in un vago contorno di parole

si uniscono nel tratto, di un volo

e l’idea di quanto d’incompleto

in me resta

in arcano conforto ci unisca.

 

Non so perché, ma sarà primavera

ogni volta che di te rinnova il sorriso

lo sguardo perduto in una fotografia

e il profumo di rose, appassito

risposta segreta all’amore

che in noi vive.

E quando avrò dimenticato

anche il tuo contorno

lasciami andare

incontro al nuovo giorno.

Lontane dal rumore del mondo

in quell’abbraccio, madre,

sarà primavera.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Madre, sarà primavera” di Luisa Di Francesco

 

La parola della Di Francesco non domanda la causa, ma il fondamento, non cerca la risposta di una ragione logica, chiede invece dell’origine, risale alla provenienza per trovare, legata al filo di senso delle cose, la destinazione. Dal segno all’oggetto è il rinvio di sé alla madre, nel volo ineffabile di un sentimento imperituro, che rinnova eternante.

Il tempo di Erebo

Era il tempo di Erebo

del silenzio e dell’urlo

dell’Erinni nel buio più trafitto

del parodo in spasimo finto

della lamentela ferina

di un arto amputato

dell’imminente che bussa

              -contro un muro:

gelida, sprezzante e delusa

la mischia tra luce e lutto.

 

Sopravviene dal largo

l’impietramento del colombario

vicende di solitudine

deserte anche di speranza

pellicole mute d’esistenza

nell’oltranza dei non colori.

Stravulsa identità vapora nel sopore

ondeggia al candore stupefatto

che piomba a raggi ritti e stanchi:

siamo i figli dell’arroganza ingiusta

del temporalesco passare a oscurità.

Sentieri appena vivi su cui figgere

                                     lo sguardo.

 

Forse rivivrà quella passione di padre

dietro quel velo di ulivi

negli angoli tiepidi e santi.

Sarà il tempo della pietà

e del dolore, temprato di verità.

 

​

Critica in semiotica estetica della Poesia “Il tempo di Erebo” di Luisa Di Francesco

 

Di dolore e di speranza, la parola della Di Francesco è monito di un tempo che non rifonde inconscio e coscienza, un tempo di morte e di rimozione, un tempo senza continuità, senza memoria. La poetessa invita alla sacertà del gesto umano rituale, che attraverso il sentimento di dolore restituisce alla ricerca della verità, al connubio degli opposti, alla costruzione del senso.

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