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Marco Fregonese

Notturno (stormo)

Starai sognando ora,

Avvolta dalla notte

Come una salamandra

Che sta pacifica tra le fiamme

E non avvampano i tuoi occhi,

Chiusi, se non di sogni azzurri

In vermigli angoli di strada...

 

Non so nulla, io,

Di ciò che c'è là,

Dietro ai tuoi occhi.

Posso solo azzardare

Passi incerti, come un equilibrista

Inutilmente sospeso a mezz'aria,

Come in un vano tentativo

D'estorcere un permesso alla gravità.

 

Ti conosco quanto conosco la vita.

 

Prima, mentre ti pensavo

Uno stormo di bianchi gabbiani

Si è stagliato contro il cielo stellato.

Mentre sparivano, inghiottiti dalla notte,

Mi è parso si facessero stelle anch'essi.

 

Solo di questo frullio d'ali

Volevo dirti.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Notturno (stormo)” di Marco Fregonese

 

La parola notturna e funambolica del Fregonese configura la condizione umana in un periglioso essere in cammino, proiettato verso il proprio superamento, a redimersi dallo stato di gravità. È un rituale di purificazione all’elemento igneo, che espone alla notte, all’alterità, all’inconscio, lungo la dimensione aggettante di un destino di spiritualizzazione della materia. Teso a divenire ciò che è, nel ritorno ad una provenienza, il poeta, fra la creazione della poiesis e lo smarrimento dell’ekstasis, solleva nel frullo d’ali il movimento immaginifico e ineffabile della vita, che corre l’eternità nell’istante.

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