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Maria Luisa Proietti

Colloquio con il mare

Il mare innocente e quieto,
come un fanciullo assopito,
compie l’ablazione dell’Alma
intrisa di coralli e ciottoli.
I flutti immensi appaiono,
ora come preziosa malachite,
ora come intensi lapislazzuli.
Vele istoriate danzano sull’acqua,
solcate da vene d’oro,
come fanciulle erranti.
Talvolta l’onda si tinge
d’un delicato luccicor metallico,
simile a scaglie d’un limone maturo,
mentre al di sopra 
s’elevano nuvole Pie come ali di cherubini.
E sovviene alla mente una ricordanza,
che accende l’animo d’una nostalgica
amarezza del passato, irrimediabilmente
fuggito.
Subitamente la risacca, come un balsamo soave,
prodiga la dolcezza di un oblio infinito.
Il mare rivela l’essenza e le potenzialità
dell’animo.
Sotto l’assiduo giogo d’un tal fascino,
l’uomo svela la sua debolezza 
e si smarrisce nell’incessante colloquio con il Gran Consolatore.
Un senso vago di prostrazione 
assale il suo intelletto, avido 
di conoscere l’ignoto.
Subisce vereconde e salvifiche
vessazioni dai flutti,
che ridestano chimere sopite.
Lampi d’epifanie squarciano il cuore 
e la tristezza delle acque
sconvolge il nocchiere come un naufragio.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Colloquio con il mare” di Maria Luisa Proietti

 

La parola poietica della Proietti, fra immaginazione, memoria e oblio, apre l’abbraccio della coscienza all’inconscio. Ed è quiete e tempesta, rimozione e ritrovamento di tesori archetipici, amara nostalgia e lenimento, debolezza e forza, perdita e assoluzione, mistero e conoscenza e commuove il movimento emotivo al movimento delle acque, nel desiderio sapienziale di verità.

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