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Maria Ruino

Nell’ora tarda

Nell’ora tarda che segue la disfatta
dirai di avermi conosciuta.
Racconterai delle mie albe senza fili spinati,
degli amori, liquidi amori, persi nei fiumi del tempo.
La mia sete -no, non ha trovato acque- 
apparirà follia nei lividi sorrisi del giudizio,
e il giorno setacciato dal silenzio
sarà appeso al filo dell’inutile parola.

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Critica in semiotica estetica della Poesia “Nell’ora tarda” di Maria Ruino

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Profondamente e seriamente ironica, la parola della Ruino ascolta la vastità dell’alba, le ferite dell’ora tarda della coscienza, il peso del tempo e della verità errante dell’imputazione di giudizio, che aliena dalla dimensione propria e altra del possibile ulteriore dell’inconscio e priva del senso unitario. La poetessa soffre della riduzione fenomenologica della parola lontana dalla dimensione precategoriale del silenzio, che uccide il mondo della vita.

Io ho negli occhi

Io ho negli occhi 
il silenzio delle felci e dei castagni arresi ai venti
l’asprezza del solco.
Ho negli occhi attese antiche
dolore raccontato con parole povere
vesti nere, valigie di cartone.
Ho ricordi
ricordi di fiamme spente, 
di abbandoni 
di acque violente e arsure
di vicoli feriti dal fango.
Voi cercate nei miei occhi
il giorno senza storia
il riso lento della finzione.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Io ho negli occhi” di Maria Ruino

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La limpidità abissale della parola della Ruino vive il dolore del divario culturale fra maschera e volto, fra rappresentazione e verità, fra coscienza e inconscio, che costringe alla prigionia alienante dell’apparenza mendace del ruolo. La poetessa ricorda il valore della sintesi, della dialettica del divenire all’essere, di chi nel sorriso porta la luce aurea che nasce dalla profondità dolente dell’ombra.

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