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Mario Calzolaro

Sacelli

Filari di quiete ed ombra

e freddo marmo,

non v'è giorno né notte

in tanta pace

 

perenne è il pianto silente

di anime superstiti

in malinconico andare

 

Calpestato, un fiore

spegne il suo colore

nella diaccia

ma, rosso, il cuore suo

ancora vive

e il suo profumo

neppure il gelo smorza

 

Quando, ragazzo,

rifuggivo il loco,

ignoravo la forza

che dal Sacello spira,

sol col maturar degli anni

chiara mi fu

l'energia vitale

che dal suo silenzio viene

 

Porto i miei passi

ove chi amai

riposa

e scopro allora

che Nulla estingue

in terra

chi dentro al cuore

vive

 

E in quel silenzio trovo

severo sguardo del gran Padre mio

e di mia Madre

la tenera dolcezza

 

E ci sei Tu

eternamente viva e parli

con sommessi accenti

ed entro il cuore

novella forza accendi.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Sacelli” di Mario Calzolaro

 

Con melodia sacrale, la parola del Calzolaro vince la malinconia del tempo lineare, trasfigura ed eleva la caducità transitoria del vivere in un senso, in un valore, in un’aura ieratica di solennità, di grazia. Nella cerimonia del silenzio, nell’accento come ritmo in eterno ritorno di un canto, nella cura del sentimento e della sinestesia della memoria, il poeta trova l’eternità della vita dell’oggetto d’amore.

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